Roberto Fonseca, nuovo temperamento del jazz
A colloquio con il giovane compositore cubano che dopo il bagno nel son, a fianco di Ibrahim Ferrer, ritorna al sound preferito con Zamazu. Il cronista scoprì per caso circa dieci anni fa questo talento, all’epoca sconosciuto, nel club La Zorra y el Cuervo dell’Avana. Ma ora è una stella del piano.
di Gian Franco Grilli
Roberto Fonseca, pianista, compositore, arrangiatore e produttore è stato lanciato sul proscenio internazionale dall’orchestra di Ibrahim Ferrer, per sostituire il leggendario pianista Rubén González del Buena Vista Social Club. Ma nell’ambiente jazzistico, Fonseca è noto dal 1995, quando a vent’anni esordì al festival Jazz Plaza dell’Avana e via via per le sue collaborazioni con grandi artisti, tra cui Chucho Valdés, José Luis Cortés, Roy Hargrove, George Benson, Papo Lucca, Giovanni Hidalgo, Gonzalo Rubalcaba. E anche il pubblico giovanile più attento lo conosce da tempo per le sue frequentazioni nell’area funky, hip hop e come produttore di un album per il duo rap Obsesion. Ecco l’intervista raccolta in occasione del lancio europeo di Zamazu, l’ultimo album uscito in primavera firmato dal giovane avanero, punto di riferimento della nuova generazione del piano jazz afrocaraibico.
Nelle tue produzioni ho notato spesso la presenza di tua madre. Vuoi presentare Roberto Fonseca e per evitare omonimie ci ricordi il tuo cognome completo, e poi i tuoi primi passi?
Roberto Alain Fonseca Cortés , sono nato all’Avana nel 1975 e cresciuto dentro una famiglia di musicisti. Mia madre, Mercedes Cortés, è cantante, professoressa di piano, a suo tempo fu ballerina, e per me è il faro. Mio padre è stato batterista, poi ho due fratelli anch’essi musicisti: Jesús, pianista, e Emilio, batterista. Fin da piccolissimo mi hanno fatto ascoltare di tutto: dalla folklorica alla classica passando per soul, funky, blues ecc. E a loro debbo le mie conoscenze e influenze musicali
Tanti strumenti in famiglia, ma su quale hai messo le mani per primo?
In assoluto sulla batteria, da bambino andavo matto per questo strumento, poi a 8 anni ho iniziato gli studi classici fondamentali con il pianoforte. Tuttavia mi allenavo con la percussione e nel mio primissimo gruppo – si faceva musica dei Beatles – ero batterista. Poi decisi per il piano, suonando di tutto, dal rock alla rumba, con cantanti di pop e nueva trova, hip hop, e più tardi cominciai a produrre dischi. Il mio primo disco l’ho inciso con il gruppo Temperamento.
L’esperienza sonera con Ibrahim Ferrer ti ha fatto conoscere al grande pubblico. Ma quali sono gli stili musicali della tradizione cubana che affascinano un giovane com te?
Indiscutibilmente tra i tanti preferisco il son montuno e la guajira per la sua cadenza contagiosa e molto melodiosa, soave. E ti dirò di più: amo il punto cubano, soprattutto per la grazia dei testi e la maniera chiara di esprimere questo sapere musicale e poetico.
Desumo che tutte le musiche della tradizione meritano attenzione e non vanno considerate robe vecchie come molti giovani pensano, cosa che avviene anche nel mio paese?
Io penso che c’è una musica sola, che alcuni musicisti ci mettono più sentimento rispetto ad altri, che il gusto musicale cambia da persona a persona. Ma ogni opera musicale fatta con passione e sentimento deve essere rispettata, piaccia o no.
Spesso mi domando perchè Cuba, con poco più di 10 milioni di abitanti, è tanto importante in campo musicale da contrastare il Brasile con i suoi 170 milioni di persone e gli Stati Uniti d’America con oltre 240 milioni. C’è un segreto che sta alla base del patrimonio musicale cubano, cosa ne pensi?
Il mio è un paese musicalmente molto misterioso, non ho mai cercato di trovare risposte a questa magia. Cerco solo di farne parte e lascio che la musica mi porti spiritualmente il più lontano possibile.
Il piano cubano sta contendendo sempre più alla percussione afrocubana il primato nell’ambito dell’immagine della musica cubana, in fatto di qualità e di talenti riconosciuti a livello mondiale. Tu sei parte di questo fenomeno pianistico, ma chi sono i maestri che ti hanno maggiormente influenzato?
Colui che ha influito di più nel mio modo di suonare il piano è stato mio fratello Jesus Valdés jr., è incredibile come e il modo naturale con cui suona la sua musica. Per fortuna che io ho scelto altre strade musicali dalle sue, perchè di Jesús ce n’è solo uno.
Poco meno di dieci anni fa non sapevo ancora chi era Fonseca, che invece scoprii una notte al club La Zorra y el Cuervo, situato nella Rampa dell’Avana, mentre suonava con il gruppo Temperamento, di cui conoscevo solo il polistrumentista Javier Zalba – ex Irakere, con un pedigree musicale eccellente – quella sera con il contralto e il soprano. Mi parli di quella formazione?
Con gli artisti di Temperamento, fondato assieme a Javier, si può dire che ho fatto tutte le mie produzioni discografiche. Si tratta di professionisti straordinari, tra noi c’è grande feeling musicale e personale, e propendiamo per ciò che io chiamo musica cubafricana.
Quando si parla di jazz suonato da cubani e con percussione afrocubana spesso ci si trova in difficoltà, non si sa se chiamarlo jazz latino, afrolatin jazz, jazz afrocubano ecc. perchè molti si alterano. In questo senso a te infastidiscono queste etichette?
Non mi disturba affatto che si voglia dare un nome piuttosto che un altro rispetto a ciò che si ascolta e lo si vuole catalogare in qualche modo. Credo che siano tutte definizioni molte serie e appropriate.
Parliamo di timba. Secondo te dal punto di vista del formato strumentale, per il fraseggio e la struttura, può considerarsi salsajazz?
Non mi sono mai soffermato a pensare se dare un altro nome alla timba. Se a quelli che l’hanno inventata gli è piaciuta tale definizione…
Dopo l’esordio jazz fusion con “En el comienzo” di Temperamento, ti sei lanciato come solista. Nel frattempo c’è stata l’esperienza sonera con Ibrahim Ferrer e ora un nuovo album con una formazione e sonorità eterogenee. Ci ricordi gli altri dischi a tua firma e poi cosa significa il titolo Zamazu?
Gli altri album sono “Tiene que ver” (1999),” Elengo” (2001), “No limit” (2001), e ora “Zamazu”.
Il titolo del disco viene da mia nipotina Paola, che tentava di parlare un’altra lingua e le usciva il vocabolo zamazu o zamazamazu, una parola gradevole e facile da pronunciare ad ogni latitudine. Con “Zamazu” ho voluto proporre una musica aperta e semplice, che rifletta le cose quotidiane che vivo. Con la speranza che ogni persona si possa identificare in essa, come qualcosa di universale.
Il brano Congo Arabe lo dedichi alla tua religione. A quale credo popolare appartieni?
Sono figlio di Changò, santo guerriero, Dio del fuoco e della guerra, che nel cattolicesimo corrisponde a Santa Barbara, che mi risulta provenire dalla Turchia. La mia religione proviene dalla Nigeria e si chiama Yoruba, la Santerìa cubana. Inoltre sono figlio anche di Yemaya, altra divinità del pantheon Yoruba, dea del mare e madre di tutti gli Orishas.
Sei pianista ma anche compositore. Con chi hai studiato composizione? E nelle tue opere quanto incidono la musica rituale e gli antichi canti afrocubani?
Ho studiato composoizione nel primo corso dell’Istituto Superiore d’Arte, che ho abbandonato per problemi di lavoro. Il mio professore, anche se poco tempo, è stato Harold Gramatges. Quando compongo penso alla vita e dentro questa c’è tutto, comprese le nostre origini.
Tu hai fatto tournée in tutto il mondo, compresi gli Stati Uniti d’America nonostante il blocco economico e culturale esistente verso Cuba. Ma in quella che chiamano l’altra Cuba, cioè Miami, hai suonato?
Finora non mi sono mai esibito a Miami.
Quando non sei in tournée all’estero, è possibile assistere a tuoi concerti jazz a Cuba e dove in particolare?
Quasi sempre suono nel jazzclub La Zorra y el Cuervo dell’Avana, dove mi hai visto anni fa.
Quali sono i tuoi pianisti preferiti di tutti i tempi, tra quelli cubani e nel Pianeta?.
Lili Martinez e mio fratello Jesús Valdès jr. e a livello mondiale Keith Jarrett e Herbie Hancock.
Robertico Fonseca, come tutti i cubani, è appassionato di ballo e di quali stili?
Tutto ciò che fa muovere il corpo con la musica mi affascina.
I piatti e le bevande che preferisci?
Tutti i sapori che mette in tavola mia madre sono veramente speciali e nessuna bevanda perchè sono astemio.
Dopo questa dichiarazione e leggendo le note di copertina dei tuoi dischi si può dire che mamma Mercedes è la tua regina in assoluto, e consideri la mujer qualcosa di sublime, divino.
Mia madre è veramente tutto per me: grazie a lei esisto, e le devo il mio trionfo. La donna è l’essere più forte, è l’opera più pregevole di questo mondo.