Messico: Cheran in rivolta per difendere boschi e vita
Un mese fa gli abitanti, stanchi di subire estorsioni, limitazione ai loro commerci e di vedere decine di camion carichi dei tronchi rubati dalle loro terre che transitano impunemente sotto gli occhi della polizia municipale, hanno deciso di farsi giustizia da soli, catturando alcuni responsabili e bruciando i camion che portavano via la loro
legna. Il giorno dopo, i talamontes hanno teso un’imboscata ad alcuni cittadini della comunità, uccidendo due persone e sequestrandone altre tre. Nel frattempo la polizia, alla quale i talamontes pagano un diritto di transito, liberava le cinque persone tenute in ostaggio dalla comunità.
La risposta della gente di Cheran è stata chiara: armati di machete, bastoni, fucili e armi confiscate alla polizia municipale, da un mese gli abitanti stanno bloccando le entrate di accesso alla cittadina e le principali vie d’accesso alla regione. Autorganizzati per quartieri, centinaia di uomini, donne e bambini hanno espulso le autorità comunali (con le quali già esistevano conflitti precedenti), installato
blocchi blocchi stradali e picchetti attivi giorno e notte nelle principali strade e iniziato ad aprire spazi di discussione con le altre comunità indigene vicine sul come fermare in modo participativo e collettivo la difesa delle risorse naturali e la lotta al crimine. Chiedendo l’aiuto dell’esercitoe delle forze federali per proteggerli e controllare i boschi. E nel momento in cui le attivitá economiche e scolastiche della comunità si sono bloccate, camionette di aiuti, con alimenti e vestiti, sono cominciate ad arrivare giornalmente in segno di solidarietà da tutte le scuole della regione e dalle
altre comunità della meseta púrepecha. Comunità che prima erano separate da conflitti territoriali, agrari e poltici.
La situazione non è facile in queste regioni: disoccupazione e povertà endemica che si traducono in terreno fertile per le attivitá criminali, autorità corrotte a tutti i livelli, impunità generalizzata, divisioni politiche e religiose all’interno delle stesse comunità che avevano impedito finora di ritornare alle forme tradizionali di organizzazione e di controllo cittadino. Cheran è diventato un simbolo proprio perché sta dimostrando che è possibile costruire schemi differenti, realisti e partecipativi, a questa «guerra contro il narcotraffico» che ha provocato già 40.000 morti ufficiali in tutto il Messico, in zone dove le bande criminali non sono riuscite, nonostante i sequestri e gli assassini, a stroncare la volontà della popolazione locale di difendere le proprie risorse naturali per continuare a vivere di queste.