Paraguay: carperos Vs brasiguayos, contadini Vs usurpatori
Ignacio Cirio * intervista Margui Balbuena, Coordinatrice nazionale delle Organizzazioni di lavoratori rurali e indigeni, all’indomani della decisione del governo di Fernando Lugo (foto) di indagare sulle proprietà «mal acquisite» durante i 35 anni della dittatura di Alfredo Stroessner, caduto nel 1989. (+video in Paraguay)
La lotta dei contadini contro gli usurpatori.
Il governo di Fernando Lugo ha deciso di avviare un’indagine sulle terre «mal acquisite» in Paraguay: si tratta di ben 8 milioni di ettari di terre i cui titoli di proprietà potrebbero essere contraffatti, o falsi, o semplicemente usurpati durante il periodo della dittatura di Alfredo Stroessner. Il governo ha così preso di petto una delle questioni sociali di fondo del paese, quella agraria.
I grandi proprietari terrieri, che hanno inondato il Paraguay di soja transgenica, oppongono grandi resistenze all’indagine, appoggiati dal parlamento dove Lugo è in netta minoranza: al punto da minacciare una rottura istituzionale, magari anche atti di forza.
Epicentro del conflitto è il dipartimento di Alto Paranà, confinante con il Brasile. «La lotta dei contadini senza terra in questa zona è di vecchia data», spiega dalla capitale paraguayana Asunciòn Margui Balbuena, Coordinatrice nazionale delle Organizaciones de Trabajadoras Rurales e Indígenas (Organizzazioni di lavoratori rurali e indigeni).
Qual è la situazione attuale?
Di recente il governo di Lugo ha cercato di emanare leggi che stabiliscono delle regole sulle terre di frontiera, di cui stanno facendo manbassa imprese multinazionali, soprattutto brasiliane. È in questo quadro che il governo ha mandato i militari alla frontiera, per demarcare e compiere controlli su quelle terre. Perché ci sono molti dubbi su come quelle terre sono passate in mano a cittadini stranieri in un arco di tempo molto breve, non più di dieci anni – e ci tratta delle terre migliori. Sono grandi superfici ora coltivate a soja transgenica, una monocoltura per l’esportazione. Per farlo hanno spianato colline, seccato ruscelli, avvelenato fiumi con l’uso indiscriminato di pesticidi. Sono cose gravi che avvengono in tutto il paese, ma soprattutto in quella zona di frontiera: e qui suscita una sorta di spirito patriottico nella popolazione, a cui sembra che la regione non sia neppure più parte del Paraguay. Così reagiscono. E quando i militari sono andati a fare i sopralluoghi e controllare i titoli di quelle terre si sono mobilitati i carperos.
Chi sono i «carperos», può spiegare questo movimento?
Sono persone di diversi dipartimenti di quella zona di conflitto, che mettono in questione in particolare un latifondista brasiliano, Tranquilino Favero. Possiede terre in tre o quattro dipartimenti, le migliori della frontiera. Ha aziende agricole e coltivazioni di soja sterminate, superano il milione di ettari. L’Istituto nazionale di sviluppo rurale e della terra, Indert, ha cominciato a indagare sull’origine dei titoli di questo imprenditore, pare che molti siano contraffatti o falsi.
Ma anche nell’Indert c’è una vera e propria mafia che per anni ha venduto e rivenduto terre dello stato. È tutto questo che ha provocato la crisi a Ñacunday, nel dipartimento di Alto Paraná: è in questione un appezzamento di 162mila ettari di frontiera, oggi controllato da Favero, e i senza terra hanno una rivendicazione: vogliono che lo stato lo distribuisca tra loro.
Come hanno reagito le diverse parti in causa?
La situazione è incandescente da quando l’esercito è arrivato per la demarcazione delle terre, a metà gennaio. I grandi coltivatori di soja si sono uniti a difesa di Favero. È il caso della Coordinadora Agrícola del Paraguay, la Coordinadora de Productores de Soja e le cooperative. La presenza dell’esercito ha evitato che i latifondisti compiano azioni contro i contadini che reclamano la terra – c’è addirittura un ordine del ministero dell’interno perché la polizia non li reprima.
I grandi proprietari però hanno fatto resistenza contro le demarcazioni. Perché non vogliono che lo stato ispezioni i documenti? La magistratura e l’intero parlamento sono a favore dei coltivatori di soja e hanno messo in sordina il problema delle «terre mal acquisite». Ma l’unico modo perché la terra resti sotto la sovranità paraguayana è che venga distribuita alle migliaia e migliaia di contadini che la rivendicano.
Ci sono stati scontri diretti da parte dei grandi proprietari terrieri?
La pressione è molto forte, tutta la stampa è a favore dei coltivatori di soja, e c’è il rischio reale che questi alla fine si comportino come sono abituati a fare: con la violenza contro i contadini senza terra. I latifondisti hanno organizzato gruppi armati e minacciano di agire per conto proprio. Questo è un momento di tira e molla e sta prendendo corpo un problema politico, perché i coltivatori di soja hanno minacciato che, se il governo continuerà nel suo tentativo, metteranno a rischio le elezioni del 2013. Ci sono state perfino riunioni di alti ufficiali dell’esercito in pensione. I loro alleati sono molto forti qui in Paraguay. Vi ricordo che, secondo alcune stime, le terre «mal acquisite» occupano una superfice di 8 milioni di ettari, e sono in mano a funzionari, militari, imprese e collaboratori della passata dittatura di Alfredo Stroessner.
Dunque stiamo parlando di un pericolo di rottura istituzionale?
È così. Il principale problema in Paraguay è quello agrario, la terra. C’è una contraddizione profonda tra le 400mila famiglie senza terra e i coloni brasiliani, quelli che vengono chiamati brasiguayos, che occupano non solo terre di frontiera ma si stanno addentrando nel Chaco, nel cuore del paese. Questa è una zona boscosa naturale, un vero polmone verde di cui dobbiamo tutti interessarci. Invece non c’è controllo, stanno depredando, devastando questa regione per coltivare in modo intensivo la soja transgenica. È un vero e proprio saccheggio della nostra terra. Sono decenni ormai che viene applicato questo modello, oltretutto assai inquinante, di cui le donne e i bambini soffrono più di tutti le conseguenze: malattie, malformazioni, aborti spontanei e l’impoverimento estremo delle nostre comunità e famiglie. In effetti, crediamo che qualcuno stia tramando un piano di destabilizzazione, magari provocando fatti di sangue per far precipitare il conflitto.
* Cirio è di Radio Mundo Real, emittente internet latinoamericana. L’intervista è stata pubblicata in Italia su Il Manifesto, 17-03-2012
Vi proponiamo un buon video paraguayano sulla lotta alla soya transgenica.