CUBA, Amo esta Isla…soy del Caribe

L’audiovisivo “Cuba, Amo Esta Isla” (online in youtube) è un omaggio al popolo e alla cultura cubana e non è una adesione al sistema politico del Paese. Un potpourri di immagini e suoni dell’Isla Grande di Gianfry Grilli

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ARGENTINA: Cristina Kirchner manda a casa la Repsol spagnola, e nazionalizza petrolio e gas.

20. aprile 2012 – 23:45No Comment
ARGENTINA: Cristina Kirchner manda a casa la Repsol spagnola, e nazionalizza petrolio e gas.

Tra i governi di Buenos Aires (che incassa applausi da Cuba, il primo Stato a nazionalizzare industrie statunitensi all’inizio del Sessanta) e Madrid è scoppiata una crisi diplomatica. Ma il coltello dalla parte del manico ora sembra averlo il kirchnerismo, il moderno peronismo incarnato dalla coraggiosa presidenta Cristina.

Cristina Kirchner, presidente dell’Argentina, ha giustificato la decisione di nazionalizzare il colosso petrolifero spagnolo YPF- Repsol in quanto la nazione sudamericana era rimasta l’unica realtà continentale produttrice di petrolio che non gestiva più attraverso aziende statali e pubbliche le proprie fonti energetiche, diversamente da Brasile e Venezuela.. L’espropriazione della compagnia Repsol, avvenuta per decreto, si legge sul quotidiano El Pais  “rappresenta una fuga in avanti che mette l’Argentina al margine della comunità economica internazionale”.  Dopo le privatizzazioni selvagge degli anni Novanta, lo Stato  vuole riappropriarsi dei propri patrimoni naturali e controllerà così il 51 per cento della compagnia petrolifera “che non può stare in mani straniere” continua la peronista Cristina Fernandez de Kirchner, “poiché si tratta di un settore strategico”. La Kirchner si è ispirata in parte alla brasiliana Petrobras, controllata al 51% dallo Stato e oggi una delle major petrolifere mondiali. «Dobbiamo essere autosufficienti dal punto di vista energetico». Ma non solo, vien da dire se ci guardiamo attorno, infatti la scelta sta all’interno di un pensiero politico più complesso, però intanto una delle ragioni per giustificare l’iniziativa è che che Repsol “non ha rispettato gli accordi investendo poco o niente nello sfruttamento dei giacimenti argentini”. Eppoi c’e’ “il recupero della sovranità nazionale degli idrocarburi», una manovra di nazionalizzazione molto simile a quella già praticata in Venezuela da Hugo Chavez, e in modi e contesti politici molto diversi anche da Cuba nel1959 quando Fidel Castro espropriò tutti i beni degli stranieri e quelli dei cubani che fuggirono dopo la rivoluzione. Insomma oggi si vuole ridiventare padroni della propria terra,  e questa linea nazionalista in Argentina ha cominciato a farsi strada da un po’ di tempo e su più fronti: uno degli esemi è  il recupero della compagnia di bandiera Areolineas Argentinas dal gruppo spagnolo Marsans,  sotto il controllo statale ora anche l’azienda aeronautica Fma, poi i fondi pensionistici privatizzati Afjp. E ora YPF, il colosso energetico torna nelle mani argentine. Tutto ciò comincia a preoccupare seriamente i governanti (discepoli dei primi colonizzatori in America Latina) di Madrid (ma anche di Bruxelles) i quali stanno pensando a contromisure, a ritorsioni, per difendere gli interessi spagnoli in generale e nella questione specifica quelli della Repsol, società a maggioranza catalana e in definitiva quelli dell’Europa.

Analizzando Venezuela, Ecuador, Bolivia, Brasile eccetera, sembra proprio che l’America Latina voglia fare sul serio per riconquistare la sovranità nella gestione delle proprie risorse, del territorio e non continuare a subire i desiderata dei grandi poteri internazionali.  E la “pericolosa estremista” Cristina è molto decisa nel voler riportare la classe lavoratrice al centro dello sviluppo della società argentina, abbattere la povertà, e archiviare il dannoso neoliberismo e mettere a tacere i privatizzatori. I dati sono a favore della Kirchner, il  prodotto interno loro (Pil) è in crescita del 7%, ha retto alla crisi internazionale del 2008, e  da qui nasce il clima di fiducia nel Paese. Ma queste scelte radicali del governo di Baires hanno già mosso  i conservatori e i peronisti alla vecchia maniera che vorranno farsi sentire attraverso i loro rappresentanti nelle Borse.

Ora si pone un’altra domanda sulla cacciata dei manager di Repsol. Una volta ridimensionati gli spagnoli, gli argentini avranno tutte le risorse economiche e tecnologiche per far funzionare  questa complessa filiera in modo moderno e competitivo, che vuol dire stare sui mercati? Dalle prossime mosse dei giocatori in campo  è probabile si riesca a capire meglio di questa vicenda politico-economica. Intanto, se volete, scriveteci i vostri commenti sulle iniziative abbastanza temerarie della Cristina di ferro circa pozzi di petrolio e risorse nazionali di nuovo nelle mani del popolo argentino.

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