Ecuador: “Non siamo una colonia britannica!”, il caso Assange
Ecuador concede asilo diplomatico al cittadino australiano Julian Assange, rifugiatosi presso la loro ambasciata di Londra dal 19 giugno scorso per evitare l’estradizione in Svezia. Il governo britannico, furibondo, minaccia per iscritto il governo di Quito avvertendolo di un possibile blitz per arrestare il fondatore di Wikileaks. E così sale la tensione intercontinentale, tra “primomondo” e quello che fino a ieri era “terzomondo” sudamericano.
Quando sulla stampa importante si ascoltano o leggono frasi che suonano così: “El Pueblo Unito (Unido!!!! -nda) Jamas Sera Vencido”, oppure “Ecuador, piccolo paese centroamericano(????)”, ci si rende conto del pressapochismo informativo in campo internazionale e culturale. Che invece viene colmato da Il Manifesto, quotidiano sempre attento all’America latina come pochi altri: alla diatriba in corso tra Ecuador/Gran Bretagna, oggi ha dedicato due pagine di analisi e interviste. Detto ciò (e ci sembrava doveroso farlo) parliamo brevemente del braccio di ferro tra il governo di Quito e quello di Londra sul casus belli, Julian Assange, l’uomo che ha svelato al mondo i lati oscuri della politica sporca degli USA e di altre potenze attraverso documenti secretati. E questo porta all’accusa di spionaggio, che negli Usa viene punito con la pena di morte.
La vicenda Ecuador-Assange- Regno Unito. Il ministro degli esteri ecuadoregno Ricardo Patiño (foto) ha colpito duro e senza indecisione rivolgendosi a Londra:”Non siamo una colonia britannica“. Come a dire, non rompeteci le balle e rispettate la nostra sovranità politica e nazionale. Intanto l’Assemblea nazionale dell’Ecuador, nel condannare il comportamento minaccioso di Londra, che ha paventato un raid nell’ambasciata per prelevare Assange, ha chiesto al governo di Quito di convocaree una riunione urgente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU per evitare che il Regno Unito intervenga con la forza ed entri senza autorizzazione nell’Ambasciata. Rafael Correa, presidente dell’Ecuador, ha detto che protegge Assange a tempo indeterminato (anche se non condivide alcune sue iniziative) poiché non vi è nessuna garanzia che l’estradizione in Svezia tuteli totalmente i diritti del cittadino australiano e poi possa arrivare in un terzo paese. Quindi si capisce che il giochetto offrirebbe spazio agli USA, che smascherati dalla diffusione di documenti segreti compromettenti ora vorrebbero ‘distruggere’ l’artefice di tutto ciò e considerato il nemico numero uno, prendendo il posto di Osama Bin Laden.
Solidarietà all’Ecuador da parte dei numerosi giovani inglesi che manifestano nei pressi dell’ambasciata a Londra circondata da oltre 40 poliziotti inglesi. E ora l’ALBA, Alleanza Bolivariana Pueblos de Nuestra America, dopo aver espresso solidarietà al governo di Quito, ha lanciato un comunicato che stigmatizza l’atteggiamento aggressivo della Gran Bretagna e dell’Irlanda del Nord e contemporaneamente ha convocato una riunione straordinaria dei leader del gruppo ALBA (Cuba, Bolivia, Venezuela ecc.) per valutare le misure da prendere.
Lo scontro duro tra Ecuador e Inghilterra potrebbe diventare rischioso soprattutto per i britannici, che come sappiamo è già in conflitto con l’Argentina per le isole Falkland/Malvinas. E indirettamente rischioso anche per Stati Uniti e Occidente filostatunitense. Tutto ciò ci è servito per far notare che, comunque vadano le cose tra di due contendenti, in America latina oggi tira un’altra aria rispetto a qualche tempo fa. E che l’unità latinoamericana ha un tasso di aggregazione molto alto ed esteso, nonostante le diversità politiche ancora esistenti tra alcuni governi del Continente sudamericano. Come dire, state attenti, non siamo più il vostro cortile dove eravate abituati a entrare arrogantemente e senza alcun permesso. Chi ha più sale in testa, lo usi a dovere.