Chicha Libre: Canibalismo, tra Lima e Brooklyn passando per l’Avana.
E’ uscito Canibalismo, il secondo album del gruppo multiculturale Chicha Libre diretto dal franco-newyorkese Olivier Conan. Si tratta di musica sincretica con una solida base di ballabilità e allegria che viene dalla chicha peruviana intrecciata a cumbia e ritmi afrocubani. Ma non solo.
Prima di tutto, per chi non ne avesse mai sentito parlare, diciamo cos’è la chicha: un genere musicale peruviano, in auge soprattutto tra la fine del Sessanta e buona parte degli anni Settanta, che intreccia ingredienti di cumbia, rock psichedelico, pop latino, son cubano, musica tropicale. Chiamatela come volete, ma la chicha non è altro che un impasto musicale che sa di Sudamerica, di Ande, di Caraibi e di varie sfumature rock. Quindi, dicendo anche: melting pot scintillante, musica meticcia o sincretica, certamente non stoneremmo.
Chicha Libre è il sestetto diretto da Olivier Conan, un francese trasferitosi molti anni fa a New York, dove qui gestisce un club e una casa discografica e si dedica da sempre al rock e al sound latino. Circa otto anni fa Conan fu “folgarato sulla via di Lima” durante una vacanza nella capitale peruviana: da quel momento la sua band interpreta la chicha, non pura, ma in chiave moderna o amplitata. Offre una sua versione di chicha infarcendola con sonorità che questo cinquantenne ha ascoltato e metabolizzato nel corso degli anni: rock, surf, cumbia colombiana, musica classica, salsa e ritmiche afrocaraibiche.
Dal primo album, Sonido Amazonico, una sorta di omaggio a classici della tradizione peruviana, sono passati quattro anni e ora con il nuovo album, Canibalismo, il gruppo mostra un’evoluzione ulteriore svoltando un po’ verso sonorità afrocubane e al tempo stesso, senza abbandonare la chicha, cerca una propria cifra stilistica traducendo le innumerevoli e contagiose influenze musicali che si respirano nei dintorni di Brooklyn. In questo nuovo progetto spiccano in modo deciso la clave cubana e i ritmi che ruotano attorno ad essa in cui dominano il timbal e la campana, ma ovviamente la cumbia è la pasta base su cui qua e là arrivano spruzzatine di accenti brasiliani e di ritmi colombiani meno famosi della cumbia, atmosfere orientaleggianti e africane. Poi troviamo timbri dimenticati dalle nostre parti, come quelli dell’organo Farfisa o della chitarra wah wah, che ricorda le colonne sonore di film western. C’è pure Carlos Santana, se vogliamo dirla tutta, che ha lasciato il segno, e addirittura Wagner che viene tirato per i capelli con l’adattamento di The Ride of The Valkyries. Discorso a parte e lungo meriterebbe poi il titolo Canibalismo, che si rifà al “cannibalismo culturale” e naturalmente il riferimento corre al poeta brasiliano Oswald de Andrade, autore del Manifesto Antropófago.
Dunque, una divertente fusion di latin & rock, che riunisce molteplici sottolinguaggi e sonorità, ma sempre in funzione di ballabilità e allegria, che sono gli ingredienti preferiti dal pubblico giovanile dei locali multiculturali delle grandi città.
Un prodotto ibrido, ma del resto anche il gruppo lo è: sono due francesi, un venezuelano, una messicana e due statunitensi. Ma è bene dire che le canzoni sono cantate in spagnolo anche se le promozioni del cd e il sito del gruppo parlano inglese! Potrebbe essere una contraddizione, un limite o una necessità del mercato. Ma apriremmo un’altra storia e non è il caso di farlo adesso.