Crossoroads: il Latin muove su Cuba e…
Dopo le sonorità brasiliane, il resto del crossing latino punterà i riflettori su Cuba con due giganti del pianismo jazz caraibico: Gonzalo Rubalcaba e Chucho Valdés (y sus Afro-Cuban Messengers). Ma prima ci sarà una rapida escursione in Sudamerica con gli accenti argentini di Javier Girotto e Natalio Mangalavite. Leggi l’articolo Latin Crossing (PAN –n.1/2013) e guarda foto e video del Dozza Jazz festival.
Prima di lasciarvi alla lettura dell’articolo, è doveroso ricordare che Crossroads fin qui ci ha fatto scoprire anche altri musicisti nostrani (e non citati nell’articolo), che dominano con maestria i linguaggi latin e tenuti un po’ nascosti come dei gioielli. Tra questi, il duo del bandoneonista-flautista Carlo Maver e del chitarrista Giancarlo Bianchetti, eccellente binomio che mescola tango a sonorità mediterranee e mediorientali; e il Ciranda Quartet con un percorso trasversale e swingante tra jazz, choro, samba e fado. Entrambi li abbiamo apprezzati il 7 aprile al Teatro Comunale di Dozza (Bo). Al termine dell’articolo potete vedere alcuni scatti al Duo Maver-Bianchetti e al Ciranda Quartet.
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Pubblicato su PAN – Permoning Arts Network – n.1 Febbraio 2013
LATIN CROSSING
Attraversare in lungo e in largo l’Emilia Romagna e contemporaneamente viaggiare dentro gli stili del jazz è la formula vincente di Crossroads.
E il crossing che si svolgerà dal 28 febbraio al 25 maggio sarà estremamente interessante, completo e variopinto soprattutto per gli appassionati di sonorità latin. Infatti, merita rilevare che la quattordicesima edizione di Crossroads, oltre ad offrire jazz e jazzisti di grandissima levatura, ha saputo tener conto anche di quelle realtà latinoamericane che hanno contribuito ad allargare i confini e il lessico del jazz. Ad esempio, Cuba e Brasile, due giacimenti musicali (presenti alla rassegna itinerante con prestigiosi ambasciatori) riconosciuti universalmente e con i quali i grandi maestri del jazz puro (se così possiamo chiamarlo) da oltre settant’anni hanno dovuto confrontarsi. E, come la storia racconta, da questi incontri di culture e tradizioni diverse (ma in molti casi con origini comuni) sono scaturite nuove modalità espressive con la conseguente introduzione nello scenario jazz di una serie di strumenti musicali assolutamente nuovi, insoliti e qualche volta sottovalutati (per non dire discriminati) poiché considerati, anche dal pensiero dominante nel jazz di quegli anni, emanzione diretta di tradizioni ancestrali. E’ il caso del tamburo africano che via via ha assunto fisionomia e caratteri mulatti a Cuba, a Porto Rico, in Brasile, in Uruguay, in tutto il Centro-Sud America e si è rimodellato e sviluppato attraverso conga, atabaque, timba, tambor alegre, batà, cuica eccetera. Ma il discorso potrebbe continuare su strumenti indigeni (ignoti, spesso, anche agli esperti di etnomusicologia), sui flautini andini che sempre più spesso fanno capolino in mano a sassofonisti (vedi Javier Girotto, tanto per far un nome noto in ambiente Crossroads) o su altri strumenti arrivati dal Vecchio Continente adattatisi al contesto sudamericano. Ma fermiamoci qui, poiché il tema, molto interessante, ci porterebbe troppo lontano dal nostro obbiettivo. Ebbene, oggi quel nuovo patrimonio artistico si può dire che sia entrato nel dna del jazz contemporaneo tanto da non stupire eccessivamente, se musicisti e compositori di ogni latitudine ricorrono sempre con maggior frequenza ad usare accenti e patterns di quelle terre sudamericane o a pescare in quell’arsenale di strumenti “esotici”, e non solo per dare un tocco di colore diverso alla loro tavolozza musicale, ma molto spesso per conferire nuova sostanza alle architetture sonore. Stupisce invece il fatto che, nonostante quanto appena rilevato da chi scrive, ancora troppe rassegne nostrane di jazz continuino a riservare pochissimo spazio all’afrocubanjazz, al jazz samba, al tango jazz e agli infiniti sincretismi musicali contaminati dal jazz che animano il SudAmerica. In questo senso, bisogna ammetterlo, Crossroads si è sempre distinto – e in qualche modo salvato dalle critiche partigiane dei latinjazzofili – poiché nel corso delle tredici edizioni precedenti qualcosa di jazz a sabor latino c’è sempre stato.
Quest’anno il crossing latino sarà di primissimo ordine, sia per la quantità di proposte che per l’accurata scelta di artisti strepitosi e rappresentativi di quell’area. Non si poteva pretendere di meglio e di più: tra i latinos di questo viaggio musicale ci sono dei veri fuoriserie, dei capiscuola; musicisti che continuano a navigare tra jazz, latin e musica contemporanea riscuotendo successi in tutte le cattedrali del jazz mondiale come i pianisti cubani Chucho Valdés e Gonzalo Rubalcaba, o il multistrumentista brasiliano Hermeto Pascoal A questi, seppure con minore notorietà internazionale, vanno aggiunti musicisti formidabili e originali come gli argentini Javier Girotto (sax) e Natalio Mangalavite (piano), coinvolti in questo itinerario con un progetto che non profuma di latin . Invece a dar man forte al mondo delle note del Sudamerica ci sarà anche la bravissima vocalist-chitarrista “tosco-brasiliana” Barbara Casini, che interpreterà il repertorio del famosissimo Gilberto Gil.
Toccherà proprio al Trio di Barbara Casini rompere il ghiaccio sul versante latin con un omaggio al cantautore bahiano, ex-Ministro della Cultura, Gilberto Gil. Per Crossroads, Barbara si è assunta il compito, non semplice, di cimentarsi con il complesso repertorio di uno dei più grandi autori brasiliani, la cui ultracinquantennale carriera artistica annovera diversificate e contrastate fasi creative. Cosa ci proporrà Barbara di quella complessa e variegata vicenda artistica sarà tutto da scoprire. Nell’attesa, è bene sapere che la cantante toscana è una bravissima interprete di bossa nova, samba, choro, ma c’è un’altra famiglia musicale che l’attrae moltissimo: “è quella del nord-est del Brasile con tantissimi tipi di ritmi che amo e interpreto con voce e strumenti: frevo, il baião, il coco, il rojão, la quadrilha, xaxado e il xote, o il maracatu che non è una danza vera e propria ma una manifestazione afrobrasiliana di antiche origini e che in passato si suonava nei rituali sincretici. E’ un insieme di canto, ballo, tamburi e ritmo e oggi sfila nel carnevale di Pernambuco e si tratta di ritmi simili a quelli di Bahia, che derivano dalla miscela di tradizioni africane e linguaggi europei”.
Il crossing latino punterà nuovamente i riflettori sul Brasile domenica 24 marzo (Rimini, Teatro degli Atti) per seguire il concerto, attesissimo, della band del polistrumentista Hermeto Pascoal. Formidabile musicista e compositore, Hermeto Pascoal (1936) ama mescolare la ricca tradizione della musica popolare brasiliana al jazz e a tantissime altre culture ritenute tutte ugualmente importanti. E pari importanza riconosce anche a tutte le famiglie di strumenti musicali, a tastiera o a corda, a fiato o a percussione, e a tantissimi oggetti di recupero, o a giocattoli, da cui estrae con grande abilità una gamma di suoni che solo una mente creativa come la sua può riuscirvi. Musicalmente, dottissimo. E su molti strumenti dimostra di essere in possesso di una tecnica ragguardevole, da vero specialista: vederlo suonare il pandeiro è davvero stupefacente e originale e con un impareggiabile senso ritmico da far invidia ai nomi più blasonati di ritmi brasiliani. “Sono drogato di musica – dice Hermeto.- e il mondo delle note agisce come una droga sul mio cuore e sulla mia anima”.
Pascoal è stato maestro e mentore di tanti musicisti brasiliani, ma non solo. Chi ha incrociato il suo cammino è Airto Moreira , il quale adora Hermeto come un fratello e lo considera “Un vero genio della musica universale. E’ fantastico e mi sento orgoglioso di aver collaborato strettamente con questa grandissima figura negli anni Sessanta nel Quarteto Novo. Confesso che la musica più bella che ho suonato nella mia lunga carriera è stata quella realizzata assieme a Pascoal con quel mitico quartetto: una fusione perfetta di ritmi brasiliani e jazz”. Nel 1969, invitato dalla coppia Flora Purim e Airto Moreira, il nostro sbarca negli Stati Uniti dove lavora e incide alcune dischi. Sarà lo stesso Airto a curare l’incontro con Miles Davis, che rimase affascinato da questo personaggio e lo volle al suo fianco per incidere l’album “Live Evil”. Da quel momento Hermeto scoprì di essere un compositore e si rese conto che poteva liberare totalmente la sua grande fantasia.
A questo punto mi accorgo di averla fatta lunga, con Hermeto, ma credo fosse necessario e utile poiché, rispetto agli altri nomi in programma e che citerò velocemente di seguito, l’ultrasettantenne brasiliano si è esibito raramente nel nostro Paese e pertanto qualche riga in più gliela dovevamo. Ma saperne di più, navigate su internet e in Youtube, troverete cose davvero curiose sul personaggio.
Il 24 aprile a Piacenza il cubano Gonzalito Rubalcaba, grandissimo virtuoso del piano e apprezzato più volte dal pubblico italiano, immaginiamo che con la performance in Solo ci porterà avanti e indietro nella storia della musica popolare cubana con un percorso che parte dalle fine dell’Ottocento toccando habanera, contradanza, danzón, danzonete, cha cha , guajira- son e che in modo raffinato saprà unire al suo originalissimo pianismo jazz influenzato da “Art Tatum, Bill Evans e Bud Powell, ma chi mi colpì enormemente per il modo di suonare fu Erroll Garner. Altri che ho amato moltissimo sono a Charlie Parker, Stan Getz e Dizzy Gillespie, ma ovviamente il nostro magnifico Chucho Valdés”.
E sarà proprio Chucho (Jesús) Valdés, il Re Mida del pianismo jazz caraibico, con i suoi AfroCuban Messengers (il nome è un tributo ai “messaggeri” di Art Blakey) che saprà elettrizzare il pubblico dell’ultimo appuntamento importante del crossing latino in programma sabato 4 maggio a Ravenna (Teatro Alighieri). Da non perdere!!! La nuova band di Chucho (una versione ridotta e aggiornata di Irakere) mantenendosi sempre ancorata alla tradizione della clave cubana ci accompagnerà in modo vertiginoso tra le diverse forme del jazz contemporaneo (bebop, hard bop, free, modale, mainstream) e su un tappeto di ritmi e canti rituali afrocubani da pelle d’oca. E’ raro, per non dire impossibile, incontrare nello scenario del jazz internazionale una triade di percussionisti come quella degli AfroCuban Messengers, davvero trascinante e fuori del comune. Ai pochi che ancora non conoscono abbastanza bene la figura di Chucho , diciamo che ha superato da poco la settantina e da oltre sessantacinque suono il pianoforte. Delle sue prodezze abbiamo incominciato a sentirne parlare da oltre trent’anni, quando il buon Dizzy Gillespie si adoperò affinchè Chucho & gli Irakere, punta di diamante dell’afrocubanjazz per oltre un quarto di secolo, sbarcassero negli Stati Uniti e permettere così lo sdoganamento del jazz cubano. Infatti da lì in avanti i migliori musicisti cubani poterono godere nuovamente delle luci della ribalta internazionale dopo il lunghissimo oscuramento che era stato imposto all’inizio del Sessanta dalle organizzazioni economiche del capitalismo occidentale a seguito del braccio di ferro tra il governo Usa e quello dell’Avana. Il mondo del jazz scoprì così artisti di razza come Arturo Sandoval e Paquito D’Rivera, tanto per citarne due, e successivamente quell’evento aprì la strada alle successive generazioni, a talenti come Horacio “El Negro” Hernandez, l’appena citato Gonzalo Rubalcaba, Omar Sosa, Hilario Duran e giù giù fino a giovani eccellenti come Alfredito Rodriguez, Pedro Martinez o Dafnis Prieto.
Prima di concludere questa carrellata avrete notato che abbiamo sorvolato su alcuni degli appuntamenti in programma che qualcosa di latin a prima vista lo promettevano, almeno leggendo i cognomi . E’ il caso del portoricano Miguel Zenón & Laurent Coq “Rayuela” Quartet e degli argentini Javier Girotto e Natalio Mangalavite, ma francamente da una prima sbirciata dei loro progetti ci risultano un po’ troppo periferici rispetto alla sfera latin e quindi per stavolta li abbiamo esclusi dalle nostre note latine e dal tour che vi abbiamo proposto di seguire da vicino. Auspichiamo invece di rivedere, e al più presto, i due cordobesi assieme a Fabrizio Bosso con il progetto strepitoso dei Latin Mood, di cui il loro cd Vamos ha riscosso una buona critica tra i jazzofili e i jazzisti colombiani. (Gian Franco Grilli)
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Foto e video del 7 aprile a Dozza Jazz 2013, festival inserito in Crossroads.
Nell’ordine: Duo Carlo Maver (bandoneon e flauto) e Giancarlo Bianchetti (chitarra); Ciranda Quartet: Letizia Magnani, vocalist; Roberto Rossi (drums e perc.). Foto di Gfg