Omar Sosa: Eggún per riascoltare Miles
Eggūn (Otá Records – distr. I.R.D) è il titolo dell’ultimo progetto del pianista-compositore cubano Omar Sosa. Un’originalissima rilettura dello spirito di Kind of Blue, l’album superomaggiato di Miles Davis. Ma con gli 88 tasti e la lente musicale trasversale di Sosa è tutt’altra cosa. Ascoltare per credere.
Tutt’altra cosa rispetto alle numerose rivistazioni fin qui sentite dell’opera geniale di Davis. E allora per distinguersi da tutti e consapevole della complessità del lavoro, il santero Sosa – che come consuetudine prima di iniziare un viaggio musicale chiede la protezione alla divinità Eleggua, l’Orisha che ha il potere di aprire e chiudere il cammino – questa volta chiede aiuto agli Eggūn, spiriti dei defunti o degli antenati della Regla de Ocha (o Santeria), la religione popolare cubana di tradizione Yoruba. Apriamo una breve parentesi per dire che rivolgersi agli antenati è una pratica spirituale presente anche in moltissime altre culture e pertanto non è una prerogativa esclusiva del sincretismo cubano.
Con questo album il prolifico e versatile artista camagueyano (da diversi anni residente in Europa), qui accompagnato da una decina di ottimi musicisti di differenti nazionalità, continua la sua inarrestabile ricerca di nuove sonorità dando fondo ancora una volta alle proprie miracolose risorse espressive. Infatti Omar si distacca nettamente dagli altri colleghi-connazionali per la sua personalissima cifra stilistica e soprattutto per il modo di incrociare gli strumenti, le voci e gli accenti tipici della cultura afrocubana con il lessico del jazz e la ricca tavolozza della worldmusic. Dotato di un rarissimo talento, Omar Sosa piace molto anche a Chucho Valdés, il padre del pianismo jazz caraibico, che considera il nostro “davvero un fuoriserie”. The Afri-Lectric Experience è il sottotitolo, molto significativo, di questo ennesimo e appassionante viaggio che ha indagato una molteplicità di sonorità, ritmi, timbri, colori, umori ed emozioni in compagnia di artisti formidabili. Tra questi troviamo oltre ai cubani Pedro Martínez e Leandro Saint-Hill (Cuba), il venezuelano Gustavo Ovalles, il mozambicano Childo Thomas il beninese Lionel Loueke , il tedesco Joo Kraus e gli statunitensi Marque Gilmore, John Santos, Peter Apfelbaum , Marvin Sewell. Quindici affascinanti tracce, una più bella dell’altra, ma quella più cubana è la n.10, Rumba Connection, in cui svetta lo strepitoso solo di flauto in stile charanga di Leandro Saint-Hill sul tumbao sonero del pianoforte di Sosa (foto), entrambi sollecitati dal beat funky di Gilmore.
Curiosissimo e trascinante il la ritmico scandito dalla mascella d’asino (in spagnolo, quijada o in inglese, jawbone – nella foto) nell’apertura di So All Freddie, brano che fa una sintesi delle tre pietre preziose davisiane So What, All Blues e Freddie Freeloader.