Cuba-cinema: “Esther en alguna parte” di Gerardo Chijona
Ecco un bellissimo film cubano che vi suggeriamo “…di vedere, anche in lingua originale, perché recitato in uno spagnolo internazionale, un castigliano perfettamente comprensibile. Tra l’altro è possibile farlo senza nessuna spesa a questo link: http://www.youtube.com/watch?v=hd3NDCaqCAg…”. Esther en alguna parte è il titolo della pellicola di Gerardo Chijona che vi proponiamo assieme alla particolareggiata recensione del critico cinematografico Gordiano Lupi.
Esther en alguna parte
di Gerardo Chijona
La pellicola cubana Esther en alguna parte, di Gerardo Chijona, ha vinto la XVI edizione del Festival del Cinema di Los Ángeles (Laliff) come miglior film e miglior sceneggiatura. Il film è interpretato da un grandissimo Reynaldo Miravalles, vecchio attore cubano residente a Miami da vent’anni, che è tornato all’Avana per girare il film. Un segno di tempi che cambiano. Al suo fianco troviamo gli ottimi Enrique Molina e Daisy Granados. Miravalles è Lino Catalá, un anziano molto serio che vede trasformare la sua vita da un amico stravagante come Larry Po (Molina). Lino viene chiamato Il mago, perché in gioventù era un mago della stampa, un abile linotipista che stampava la rivista Origines di Lezama Lima. Fu proprio il grande poeta a definirlo mago. Larry Po è un vecchio pazzo, simpatico e lunatico, ubriacone, un cubano che ama divertirsi e travestirsi, non prende la vita sul serio e scherza persino sui sentimenti. Fino a un certo punto, però, anche lui convive con il ricordo d’un amore impossibile e con una pena che si porta nel cuore. L’incontro tra due anziani così diversi avviene al cimitero Colon, dove Lino porta ogni giorno fiori sulla tomba della defunta moglie Maruja. Larry rivela a Lino che Maruja aveva una doppia vita, era cantante di boleri e al tempo stesso mandava avanti una relazione omosessuale. Lino si rende conto di aver vissuto per 25 anni con una donna che non conosceva fino in fondo. Comincia un’indagine per le strade della vecchia Avana sul passato di Maruja, ma anche alla ricerca di una fantomatica Esther, il primo amore di Larry, contrastato e incompiuto.
Il film è molto intenso, una commedia introspettiva che – come la miglior commedia all’italiana – unisce momenti di farsa a stupende immagini liriche, permeata di teatro dell’assurdo, secondo la lezione di Beckett, Pinera e Ionesco. Il soggetto è di Eliseo Alberto Diego, detto Lichi, un romanziere da poco scomparso, tra i migliori interpreti della nuova letteratura cubana. Un tema approfondito dal regista è l’amicizia tra due anziani, uniti dalla passione per la stessa donna, perché alla fine si scopre che la famosa Esther di Larry è soltanto un’invenzione. La vera Esther è Maruja, una donna che Larry non ha mai potuto possedere perché troppo innamorata del suo uomo. Stupendo il finale che vede Lino immedesimarsi nella storia raccontata dall’amico, morto dopo l’ultima sbronza, rivedere le pagine del diario che raccontano la storia di Maruja, e presentarsi con un sorriso innamorato alla porta di Esther.
I personaggi sono ben tratteggiati grazie a una sceneggiatura accorta, ma anche per merito di un’interpretazione ispirata di Miravalles e Molina. Alcune sequenze sono da antologia, perché con poche pennellate e senza inutili sermoni raccontano la vita quotidiana a Cuba: Lino fa la coda per comprare il Granma (il periodico del partito) e lo usa come pannolino per la sua incontinenza, un’impiegata dell’ufficio cultura si dipinge le unghie dei piedi sulla scrivania perché non ha niente da fare… Bellissima la colonna sonora a base di vecchi boleri, così come il tono romantico è la nota dominante dell’intera pellicola. Stupenda la fotografia anticata, color seppia e pastello, che alterna immagini del lungomare avanero al tramonto con alcuni pescatori di fronte all’Oceano a sequenze ritagliate nei poveri solares della capitale. I due vecchi sono l’immagine proustiana di due cubani che ricercano il passato negli anfratti di vecchi amori e per i quartieri d’una capitale troppo cambiata. La solitudine, la vecchiaia, l’amicizia, l’amore che supera i confini della vita, il sesso, la musica… sono i grandi temi affrontati da Gerardo Chijona, che gira il miglior film della sua carriera. “Cantava boleri per sentirsi viva e restò con te per morire in pace”, è l’analisi spietata di Larry, che mette in evidenza tutte le difficoltà del rapporto di coppia, quanto sia impossibile capire fino in fondo chi vive insieme a te. Un film pirandelliano, ciascuno di noi è “uno, nessuno e centomila”, ognuno è una maschera, la vita stessa è “una commedia di maschere”. Un film da vedere, anche in lingua originale, perché recitato in uno spagnolo internazionale, un castigliano perfettamente comprensibile. Tra l’altro è possibile farlo senza nessuna spesa a questo link: http://www.youtube.com/watch?v=hd3NDCaqCAg.
La pellicola è prodotta dalla cubana ICAIC, ma è una coproduzione peruviana e spagnola. Al Festival del cinema di Los Angeles, il cubano Jorge Perugorría ha guadagnato una menzione d’onore per la sceneggiatura di Amor crónico, un film che mi riservo di vedere e commentare in un prossimo articolo.
Il cinema cubano è sempre più libero e vitale.
Gordiano Lupi
Non voglio usurpare titoli che non mi appartengono. Non sono “critico cinematografico”, sono soltanto – come lo era Alberto Moravia, ben più grande di me – un piccolo scrittore apassionato di cinema e di cultura cubana, quindi che – di tanto in tanto – scrive sul cinema che fa pensare, che ama, che produce emozioni…
appassionato… refuso!