Messico: Cielo arido di Emiliano Monge
Coloro che vorranno avvicinarsi a queste pagine vanno avvisati subito: non è un lettura facile, che scorre liscia, ma richiede grandissima attenzione il Cielo arido (La Nuova Frontiera) del giovane scrittore messicano Emiliano Monge. Racconta la violenza del Messico, e non solo di oggi, dei narcos, ma di sempre. E per estensione può riferirsi anche all’America latina. Una narrazione molto ardua, che richiede almeno due letture, ma indubbiamente siamo di fronte a un grande romanzo.
Cielo arido è la storia di un uomo, Germán Alcántara Carnero, chiamato anche Gringo per via di sue esperienze negli StatI Uniti, che, senza saperlo, è stato il suo secolo. La storia degli uomini e delle donne che gli sono stati vicini e del brullo altipiano messicano (meseta) su cui Emiliano Monge distilla l’essenza di un’America Latina selvaggia. L’arco temporale del romanzo si muove tra l’inizio del Novecento e gli anni Settanta Ottanta. Un luogo arido, dove solitudine, violenza e lealtà sono l’unica compagnia. Raccontato a partire dagli istanti memorabili della vita del protagonista – la fuga e l’esilio, le vicissitudini di una guerra infinita, la sparizione di una bambina, lo scontro tra padre e figlio, la nascita di un bambino malato, un omicidio – Cielo arido è un viaggio verso il cuore dell’essere umano e una sfida lanciata al lettore con le armi della grande letteratura. Nonostante la premessa, è un grande romanzo, una intelligente metafora sull’esistenza.