JAZZ, BJF 2024: 21 ottobre-17 novembre, tra Bologna, Ferrara e Forlì

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Piano solo: novità di Omar Sosa e Enrico Pieranunzi

5. febbraio 2014 – 18:48No Comment
Piano solo: novità di Omar Sosa e Enrico Pieranunzi

Il cubano Omar Sosa pubblica il suo settimo e nuovissimo Cd per piano solo intitolato Senses (Ota Records – distr IRD).  E in completa solitudine,  e a quasi quarant’anni dalla sua prima pubblicazione,  anche la ristampa di The Day After the Silence – 1976 Piano solo del romano Enrico Pieranunzi (AlfaMusic – distr. Egea). Che fu il primo album in piano solo della sua carriera e il secondo in assoluto. 

La scena mondiale del pianismo jazz negli ultimi anni si è arricchita sempre più di nuovi e talentuosi artisti. E per questo è quasi impossibile stilare delle classifiche. Tuttavia vi sono alcuni pianisti che spiccano per originalità e maestria tecnica. E’ il caso del quarantanovenne cubano Omar Sosa, entrato nel panorama internazionale negli ultimi dieci anni, e dell’italiano Enrico Pieranunzi, sessantaquattrenne. Quest’ultimo è in pedana dal Settanta, il periodo in cui Omar invece incominciava a Cuba i suoi primi approcci sulla tastiera (dopo studi di percussione), e in un contesto musicale completamente diverso da quello romano di Enrico. Dopo queste brevi note introduttive vi lasciamo alle schede di presentazione e soprattutto vi invitiamo all’ascolto di questi due bellissimi album di piano solo incisi da questi due jazzisti formidabili a circa quarant’anni di distanza l’uno dall’altro.

Senses (Ota Records – distr. IRD) è il settimo album di Omar Sosa per piano solo, nuova tappa di un viaggio fra sentimenti ed emozioni vissuti in prima persona e talmente forti da far nascere l’esigenza di condividerli con altri. L’album è nato all’EMPAC (Experimental Media and Performing Arts Center) dell’Istituto Politecnico di Rensselaer di Troy, nello stato di New York, nel febbraio 2012: Sosa era stato invitato a prendere parte a una residenza artistica insieme alla danzatrice e coreografa dello Zimbabwe Nora Chipaumire, per comporre la musica di un pezzo di teatro-danza in parte ispirato alla vita della cantante sudafricana Miriam Makeba. Durante la residenza il musicista di Camagüey ha pensato di utilizzare le attrezzature all’avanguardia presenti all’EMPAC, tra cui un magnifico pianoforte a coda Yamaha CFIII: in questo modo ha preso vita Senses.

Racconta in proposito lo stesso Omar Sosa: “Non ho potuto resistere e sono rimasto nello studio per ore, improvvisando. Ho pensato a ciò che stava succedendo nella mia vita: stavo attraversando un momento molto difficile dal punto di vista emotivo. Ma come si dice, tutto succede per una ragione, e grazie a questo momento duro nella mia vita personale, ho avuto l’opportunità di restare solo con le mie paure e con i miei dubbi, così come con i miei antenati e con gli Spiriti”. “Non ho ascoltato le registrazioni fino ad un mese più tardi”, continua il pianista cubano, “Non volevo che mi richiamassero alla mente quel difficile momento che era parte integrante del processo creativo. E sapevo bene che la musica scaturita era il riflesso della mia tristezza, della mia angoscia, della disperazione e della nostalgia per la pace dell’anima che in quel momento non avevo. Ma al primo ascolto non è stato ciò che ho provato: ascoltando i brani non posso dire che mi abbiano fatto sentire triste. Tutt’altro”.  “Oggi mi sento tranquillo”, conclude Omar Sosa, “provo amore per il bene dell’amore. L’improvvisazione è un viaggio musicale durante il quale emergono le mie radici cubane in maniera inusuale, decostruite, affascinandomi per come hanno trovato posto nell’album”.

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Quando Enrico Pieranunzi incise questo album, il primo in piano solo della sua carriera e il secondo in assoluto, l’Italia stava attraversando una fase politica esplosiva, di cui si sentivano gli effetti anche sulla nuova scena jazzistica, nella quale stava cominciando a ridursi lo iato con gli altri paesi europei; il jazz italiano si apprestava a vivere un vero e proprio rinascimento, che avrebbe portato a una crescita esponenziale nella quantità di musicisti e nella varietà delle tendenze.

“The day after the silence” (AlfaMusic – Distr. Egea), a quasi quarant’anni dalla sua prima pubblicazione può ritenersi un Album…”contemporaneo”, perché uno degli aspetti del presente jazzistico è proprio la varietà di riferimenti, lo sguardo senza pregiudizi a tutto il passato al fine di costruire in modo nuovo la musica di oggi, cioè una maniera di concepire il jazz di cui Pieranunzi è stato, in Italia, uno dei primi esempi. Tra l’altro, gli influssi più avvertibili nel suo linguaggio di allora erano quelli di McCoy Tyner e Chick Corea, soprattutto per la concezione armonica di tipo tonale-modale, mentre le sue composizioni si rivelavano già personali e interessanti, offrendo un florilegio di situazioni differenti che rifletteva un mondo musicale ricco di spunti e di fantasia.

Un gioiello musicale di grande interesse, che era doveroso recuperare e in cui troviamo quella parte della personalità di Pieranunzi divenuta, negli anni, un retaggio sotterraneo, ma sempre vivo, nel suo ricco e immaginifico mondo musicale. (note di copertina: Maurizio Franco)

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