CUBA/ La voce dell’isola
Leonardo Padura Fuentes è uno scrittore di gialli e uno dei più importanti intellettuali cubani. Non appoggia Castro, ma non è un dissidente. Ogni suo libro è un documento per capire il paese. Così scrive il giornalista statunitense Jon Lee Anderson (The New Yorker) autore dell’interessante articolo pubblicato sul settimanale Internazionale, in edicola, e che consigliamo vivamente di leggere.
Abbiamo ritenuto importante rilanciare questo ampio servizio del giornalista nordamericano (settimanale Internazionale- 11/17 aprile 2014) perché inquadra molto bene la figura e il preziosissimo lavoro di questo giornalista-scrittore cubano, di cui molto spesso Il Manifesto pubblica sue corrispondenze, con la conseguenza immediata – su lettori poco aperti mentalmente – che Padura Fuentes sia, per alcuni, un comunista ambiguo, nascosto, e ,per altri, invece un dissidente. Dubbi legittimi, contrapposti, che ognuno può avere, ma… l’interessato ha sempre chiarito che “ho deciso di restare nel mio paese, per raccontarlo da dentro. Non potrei vivere, né scrivere lontano da Cuba“.
Padura Fuentes, al di là delle libere opinioni, è un intellettuale lungimirante, con una penna formidabile, scrittore straordinario che domina la scena letteraria cubana e internazionale, e grazie soprattutto al suo tenente Mario Conde, il personaggio-poliziotto, che lo segue da anni e che gli ha regalato un notevole successo editoriale. In Italia i suoi volumi sono pubblicati da Tropea edizioni.
Ha pubblicato reportage di ogni genere, e sempre di eccellente qualità, dalla musica alla politica, e quando racconta i fatti non ha molti peli sulla lingua, nemmeno se si trova all’Avana dove vive e dove la censura del regime spesso è intervenuta, in passato, su figure scomode per socialismo cubano.
“La Nebbia del Passato” è il romanzo di Leonardo Padura che abbiamo maggiormente apprezzato, bellissimo. Ma di poco inferiore lo è, a nostro modesto avviso, “L’uomo che amava i cani” incentrato sulla vita di Lev Trotsky, Personaggio di cui a Cuba non si trovava quasi nulla nelle biblioteche, ma dopo lunghe ricerche riuscì a rintracciare un paio di libri. E da lì la molla che ha fatto scattare la decisione di scrivere un romanzo sul leader sovietico è stato scoprire che l’assassino di Lev Trotsky visse gli ultimi quattro anni della sua vita a Cuba e senza che nessuno lo sapesse. Il nome dell’assassino è Jaime Ramón Mercader del Río Hernández (1913 -1978).
(Gfg)