JAZZ, BJF 2024: 21 ottobre-17 novembre, tra Bologna, Ferrara e Forlì

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Venezuela: Padre Numa, il gesuita bolivariano

22. maggio 2014 – 16:06No Comment
Venezuela: Padre Numa, il gesuita bolivariano

Geraldina Colotti ha pubblicato su Il Manifesto (20/05/2014) una bella intervista a Numa Molina, 57 anni, par­roco della Chiesa San Fran­ci­sco a Cara­cas, gesuita che ha studiato alla Gregoriana di Roma. Come spesso accade quando uno va controcorrente, la posizione rivoluzionaria del gesuita venezuelano fa discutere. Leggete cosa risponde Numa alla giornalista del quotidiano comunista anche su papa Francesco.

«Il socialismo venezuelano è quanto di più vicino al Vangelo abbia incontrato in America latina. Non
abbandonerò questo percorso che il popolo ha iniziato». Così dice al manifesto il gesuita Numa
Molina, 57 anni, parroco della Iglesias San Francisco a Caracas. Teologo e giornalista, ha studiato
all’Università gregoriana, dove fa tappa ogni volta che torna a Roma. Lo abbiamo incontrato durante
il suo recente viaggio in Vaticano con la delegazione governativa venezuelana, venuta ad assistere
alla canonizzazione di papa Giovanni XXIII e di Wojtyla.
Padre Numa, come ha incontrato il socialismo bolivariano? Cosa la spinge a schierarsi con un
governo che le gerarchie cattoliche vedono come il fumo negli occhi?
Ho seguito le scelte della parte più povera del paese, a cui appartengo. La mia è una famiglia contadina
del Merida, ai confini con la Colombia. Ho ricevuto un’educazione profondamente cattolica.
Durante la IV Repubblica ho visto mia madre morire di parto perché non c’era un solo medico nel villaggio,
i contadini non contavano niente. A 14 anni ero impegnato nella lotta sociale, non pensavo di
dedicarmi al sacerdozio. Poi sono diventato maestro e ho conosciuto alcuni giovani universitari cristiani,
che aiutavano i bambini lustrascarpe. Ho lavorato con loro, guardando in faccia
l’insopportabile povertà provocata dal neoliberismo degli anni ’80. I bambini allora mangiavano le
scatolette per cani, le madri gliele diluivano con l’acqua nel biberon. Non ho più voluto stare al
chiuso di un’aula, pensavo che il mio cammino fosse un altro ma non vedevo ancora quale. Il mio
primo voto l’ho dato al Copei: perché si definiva un partito social-cristiano, ma anche perché includeva
la Gioventù rivoluzionaria copeiana. Mi attirava la parola rivoluzione: risuonava un po’ dappertutto
in Venezuela, ma non molto dalle mie parti che sono sempre state conservatrici. Presto, però,
mi sono accorto della trappola e non ho più votato per quei politici corrotti che perpetuavano la
miseria. E poi Hugo Chávez ha cominciato a girare per le campagne, a spiegare con parole semplici
chi era responsabile della miseria che anch’egli aveva sofferto da bambino vendendo dolci per strada.
Il suo discorso era uguale al mio. Intanto, l’assassinio di Monsignor Romero in Salvador e poi dei
gesuiti, i martiri dell’università Uca, avevano dato una svolta alla mia vocazione. Volevo seguire il
loro esempio, quello di Gesù di Nazareth: farmi povero fra i poveri. Concepire il prete come un professionista
della religione significa sprecare la propria vita. Alla Gregoriana, uno dei migliori professori
che ricordi era un vecchio gesuita colombiano che ci ha insegnato il marxismo per tre trimestri.
E come valuta Bergoglio, il primo papa gesuita della storia? Alcuni teologi della Liberazione temono
che finisca per avversare il Socialismo del XXI secolo come Wojtyla fece con il comunismo. Stare coi
poveri non significa sopportarne il riscatto.
È presto per dirlo, ma i primi segnali sono positivi. In gioventù, Bergoglio ha fatto parte della Teologia
del popolo, la corrente argentina della Teologia della liberazione. Non condivido le accuse di
connivenza con la dittatura militare che all’inizio gli vennero rivolte per via dell’arresto di alcuni
gesuiti. So per certo che cercò di avvertirli del pericolo che correvano, ma loro non hanno voluto
fuggire, sono rimasti nei barrios e sono stati arrestati e torturati, per fortuna non sono morti. E poi,
come ha confermato di recente in un colloquio con un artista argentino, Bergoglio condivide il sogno
di Bolivar della Patria grande. Credo che questo papa stia davvero cercando di cambiare il conservatorismo
di una certa chiesa di Roma, e deve stare attento……
Continua la lettura su Il manifesto
Si ringrazia il quotidiano Il Manifesto per la ripresa parziale dell’intervista, per scopi no profit ma esclusivamente culturali e informativi.

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