JAZZ, BJF 2024: 21 ottobre-17 novembre, tra Bologna, Ferrara e Forlì

Pat Metheny sarà la principale star del Bologna Jazz Festival 2024, che annovera in questa edizione nei grandi teatri cittadini altri protagonisti di massimo rilievo come Mulatu Astatke, Cécile McLorin Salvant e McCoy Legends. Ma nei jazz club ci sarà una programmazione che, a nostro avviso, restituirà un’immagine più significativa, variegata e completa dei del jazz multicolore oggi.

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Le INVOCATION Yoruba di Gabriele Poso

1. giugno 2014 – 16:18No Comment
Le INVOCATION Yoruba di Gabriele Poso

Cimentarsi con un progetto completo in solitaria, non è roba da tutti poiché richiede uno sforzo creativo gigantesco. Gabriele Poso, multistrumentista, lo ha fatto e il risultato è stato raccolto nell’album Invocation (Agogo Records, 2014).

Si tratta di un omaggio culturale che guarda in più direzioni, anche se  queste viaggiano in parallelo, si autoalimentano l’una con l’altra e si incrociano. Stiamo parlando di ritmo, percussioni, cultura afrocubana con tutto il pantheon delle divinità della Regla de Ocha o Santeria, e altro ancora. In una parola: i protagonisti assoluti dell’album Invocation (Agogo Records). Il mix di influenze cui ci troviamo di fronte è vissuto dall’artista in chiave mistica, spirituale e con un’ottica molto personale,  o almeno questa è l’impressione ricavata al termine dell’ultima nota della dodicesima traccia del cd. I brani sono tutti sviluppati su una certo mood, e potremmo aggiungere anche senza soluzione di continuità, poichè tutti i pezzi lasciano il testimone a quello successivo. E dunque in questa linearità  ci sembra doveroso evidenziare qualche balzo in alto del lavoro di Poso e richiamiamo in causa la Santeria e nella fattispecie l’orisha Yemayà, la divinità del mare invocata dall’artista nella traccia 11; ma la devozione al culto Yoruba, anche se non dichiarata, la si percepisce fin dalle prime note di OOO.  In questa sorta di lungo tambor de fondamento profano sono ovviamente gli strumenti a percussione a farla da padrone: spiccano infatti su tutti congas, tambor batá,  cencerro, claves e chequeré che qua e là si intrecciano a corde, battimani e a sonorità elettroniche.  Alcuni brani (in particolare la traccia 1) sono ben calibrati e hanno un buon impatto anche sulle orecchie più esperte di culture afrocubane. Il resto dell’album, invece, accompagna l’ascoltatore verso altri mondi sonori, con timbriche e linguaggi  abbastanza periferici ai canoni ortodossi della tradizione  afrolatina, quelle tradizioni espressive che il giovane e intraprendente musicista  italiano Poso ha indagato e studiato con maestri di Cuba, la mecca del tambor e del toque. E allora ci corre l’obbligo, ahinoi,  e senza togliere nulla al lavoro creativo del Nostro, di evidenziare un punto debole (o forte, dipende il punto di osservazione): alcune Invocation spesso atterrano sul terreno della musica lounge, seppur con tutti i significati migliori che possiamo trovarvi,  come rilassatezza, morbidezza ecc.  Ciò detto dobbiamo ritenere che l’artista abbia voluto riprendere alcuni concetti delle musiche afrocubane e rileggerli con una lente molto personale per conferire originalità al progetto, appunto “a mi manera” come Poso canta alla dea Yemayà. Bene, se fosse così, tutto diventerebbe più chiaro a chi scrive, il quale – pur con qualche lieve riserva sul prodotto finale – ha comunque sempre il massimo rispetto e grande ammirazione per quegli artisti creativi che si ispirano a culture lontane, che guardano alla diversità musicale. E’ il caso appunto dello sforzo di Poso che, lo ripetiamo, va apprezzato nonostante qualche pecca poiché imbracciare da solo una vasta gamma di strumenti, intonare canto e cori e ritmare senza sosta sulle frequenze “afro & affini”, richiede davvero un coraggio da leone e una buona dose di autostima.  E queste ultime caratteristiche il giovane Gabriele sembra proprio possederle. Dopo tante parole non resta che dirvi: ascoltate le Invocation. E, se vorrete, segnalateci le vostre impressioni. (Gfg)

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