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Panama: Obama alla prova del nuovo continente

10. aprile 2015 – 22:36No Comment
Panama: Obama alla prova del nuovo continente

Si apre oggi a Panama il VII Vertice dell’emisfero caratterizzato dalla crisi politica con Caracas e dalla presenza di Cuba. (Geraldina Colotti, Il Manifesto, 10 aprile 2015).

Al VII Ver­tice delle Ame­ri­che — oggi e domani a Panama — la prio­rità dichia­rata è quella di discu­tere di svi­luppo «inte­grale» esa­mi­nando risul­tati e ritardi in tema di salute, edu­ca­zione, sicu­rezza, migra­zioni, ambiente, ener­gia, soste­ni­bi­lità demo­cra­tica e par­te­ci­pa­zione dei cit­ta­dini. La pre­messa viene dai dati sulle disu­gua­glianze per­si­stenti nelle varie regioni del con­ti­nente, dove «l’abbondanza non ha rag­giunto tutti i popoli allo stesso modo». E così, vi sono «fami­glie che vivono in povertà o in mise­ria estrema», esi­stono «carenze nel campo della salute e dell’educazione e c’è un « aumento del cri­mine orga­niz­zato». Per le dele­ga­zioni di 35 paesi ame­ri­cani, il titolo è «Pro­spe­rità con equità: la sfida della coo­pe­ra­zione nelle Americhe».

Per i governi socia­li­sti, la sfida è quella di aver messo in campo un modello di svi­luppo basato sulla sostan­ziale o par­ziale rimessa in causa delle prio­rità eco­no­mi­che e poli­ti­che impo­ste dalla legge del pro­fitto. Un modello che inten­dono con­di­vi­dere in un con­fronto alla pari, e per que­sto esi­gono dalle grandi potenze avvezze a rela­zioni colo­niali il con­te­ni­mento degli appe­titi e la presa d’atto della nuova realtà esi­stente in buona parte del con­ti­nente. Per molti ana­li­sti lati­noa­me­ri­cani, que­sto sarà un ver­tice sto­rico, che segnerà un punto di rot­tura sim­bo­lico e con­creto con le vec­chie pre­tese ege­mo­ni­che sem­pre soste­nute da que­sto ver­tice, nato in seno all’Organizzazione degli Stati ame­ri­cani (Osa), nel 1994.

I capi di stato del Cen­troa­me­rica (una parte del con­ti­nente ancora in mag­gio­ranza legata a dop­pio filo agli Usa) soster­ranno una riu­nione spe­ciale con Obama. Il pre­si­dente Usa è appena rien­trato da un viag­gio in Gia­maica dove ha con­cre­tiz­zato accordi di natura com­mer­ciale e mili­tare. Soprat­tutto, ha cer­cato di pre­sen­tare ai 14 paesi carai­bici che com­pon­gono la Comu­ni­dad del Caribe (Cari­com) «un’alternativa alla cen­tra­lità del Vene­zuela nel blocco» (così ha detto Harold Trin­ku­nas, diret­tore del Dipar­ti­mento per l’America latina del Broo­king Insti­tut — un rife­ri­mento per Washington).

A fronte della caduta del prezzo del petro­lio, della bas­sis­sima cre­scita eco­no­mica per la gran parte del con­ti­nente e delle dif­fi­coltà poli­ti­che a cui devono far fronte alcuni grandi paesi come il Bra­sile, il VII sarà un ver­tice emi­nen­te­mente poli­tico: segnato dalla par­te­ci­pa­zione di Cuba, dal pro­cesso di disgelo in corso con gli Stati uniti e tutt’altro che in discesa, ma soprat­tutto dallo scon­tro tra gli Usa e il Vene­zuela. Il 9 marzo, Obama ha emesso un decreto di san­zioni, e ha defi­nito Cara­cas «una minac­cia ecce­zio­nale per la sicu­rezza nazionale».

Un’attitudine che ha pro­vo­cato la rea­zione di tutto il con­ti­nente, dei vari bloc­chi regio­nali e anche di altri grandi attori, come Cina e Rus­sia, pro­ta­go­ni­sti di una rete di rap­porti com­mer­ciali e finan­ziari che impen­sie­ri­sce Washing­ton. Secondo recenti dichia­ra­zioni del governo vene­zue­lano, è stato rag­giunto e supe­rato l’obiettivo di pre­sen­tare a Obama oltre 10 milioni di firme per chie­der­gli di abo­lire il decreto. Si sono svolte mani­fe­sta­zioni in tutti i con­ti­nenti, e i twitt con­tro le san­zioni hanno fatto ten­denza, negli stati Uniti e in Ame­rica latina.

In una lunga inter­vi­sta rila­sciata all’agenzia Efe, Obama ha tenuto a pre­ci­sare che «i rap­porti con l’America latina non sono mai stati così buoni come in que­ste ultime decadi», che le rela­zioni con il con­ti­nente non pos­sono che essere prio­ri­ta­rie e basate sul rispetto, e ha anche cer­cato di smus­sare gli spi­goli con Cara­cas: «Gli Stati uniti — ha detto — sono il prin­ci­pale socio com­mer­ciale del Vene­zuela, con oltre 40 miliardi di dol­lari di com­mer­cio bila­te­rale all’anno».

Un abbas­sa­mento dei toni si era notato nei giorni pre­ce­denti anche nelle dichia­ra­zioni di altri alti respon­sa­bili Usa. Tut­ta­via, come hanno sot­to­li­neato gli opi­nio­ni­sti della destra vene­zue­lana, Obama ha anche riba­dito che l’impianto delle san­zioni rimarrà intatto, quanto la sua «pre­oc­cu­pa­zione» per «la con­ti­nua ero­sione dei diritti umani», «per la cor­ru­zione» e per «l’autoritarismo» di certi fun­zio­nari vene­zue­lani verso l’opposizione.

Al con­tempo, il pre­si­dente ha reso espli­cita la par­tita che gli Usa stanno gio­cando nelle Ame­ri­che attra­verso i nuovi accordi che sta rea­liz­zando. Per que­sto, ha can­tato le magni­fi­che sorti dell’Accordo Trans­pa­ci­fico: «Stiamo lavo­rando — ha detto — con Canada, Cile, Mes­sico e Perù per segnare il corso del com­mer­cio del XXI secolo con que­sto accordo stra­te­gico. Quando si tratta di difen­dere la sicu­rezza, la pro­spe­rità e i diritti umani dei popoli del con­ti­nente ame­ri­cano, nes­suno sa far tanto e in tanti campi come gli Stati uniti».

La pre­si­dente del Bra­sile, Dilma Rous­seff, ha fatto sapere a Obama che il suo omo­logo vene­zue­lano, Nico­las Maduro, è sem­pre dispo­sto ad appia­nare le cose durante il ver­tice. A Panama si pre­vede un incon­tro tra la pre­si­dente bra­si­liana e il capo di stato Usa, dopo il serio raf­fred­da­mento seguito al caso dello spio­nag­gio inter­na­zio­nale por­tato in luce da Sno­w­den. Rous­seff (e l’impresa petro­li­fera di stato Petro­bras) erano nel mirino delle agen­zie per la sicu­rezza nor­da­me­ri­cane e, schie­ran­dosi dalla parte dell’America latina indi­pen­dente, la pre­si­dente bra­si­liana aveva annul­lato la pre­vi­sta visita negli Usa. Ora le cose potreb­bero rimet­tersi in moto. Ma se si ipo­tizza un incon­tro tra il pre­si­dente cubano Raul Castro e Obama, più dif­fi­cile imma­gi­nare una stretta di mano tra il pre­si­dente Usa e Maduro.

Quest’ultimo sta pren­dendo il posto del suo pre­de­ces­sore Hugo Cha­vez nel con­cen­trare gli strali del campo con­ser­va­tore. Una ven­tina di ex capi di stato della destra euro­pea e lati­noa­me­ri­cana sta ani­mando una cam­pa­gna con­tro il suo governo, e sostiene a spada tratta le ragioni delle destre di opposizione.

Il pre­si­dente ecua­do­riano, Rafael Cor­rea, ha defi­nito «una ver­go­gna» la peti­zione «per la tran­si­zione in Vene­zuela» degli ex pre­si­denti. Durante il ver­tice dei Popoli, che si svolge in paral­lelo, vi sono state scin­tille. Cuba e Vene­zuela hanno abban­do­nato il Forum della società civile per la pre­senza di «mer­ce­nari» anti­ca­stri­sti: soprat­tutto quella di Féliz Rodri­guez, che ha par­te­ci­pato all’assalto alla Baia dei Porci e all’uccisione di Che Gue­vara.

La moglie di una vit­tima delle vio­lenze di piazza in Vene­zuela ha urlato «Tuo marito è mio, il mio è stato ammaz­zato» all’indirizzo di Lilian Tin­tor, moglie del lea­der oltran­zi­sta Leo­poldo Lopez, sotto pro­cesso per quelle vio­lenze. Molti sin­da­ca­li­sti cubani hanno denun­ciato il sabo­tag­gio degli Usa e l’assenza di sicu­rezza nel ver­tice, dove gli anti­ca­stri­sti hanno aggre­dito alcuni mili­tanti. I movi­menti stanno pro­du­cendo una piat­ta­forma di pro­po­ste da pre­sen­tare ai diversi pre­si­denti. E hanno già espresso il pro­prio soste­gno alla Una­sur, che pro­porrà agli Usa di sman­tel­lare le basi nor­da­me­ri­cane nel Continente.

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