Jazz in lutto: addio a Rudy Van Gelder
Rudy Van Gelder, storico ingegnere del suono che ha lavorato con i più grandi jazzisti della storia e con altri numerosi artisti della Blue Note (l’etichetta simbolo della musica jazz), è morto giovedì 25 agosto all’età di 91 anni a Englewood Cliffs, nello stato del New Jersey, Usa. Il decesso è avvenuto presso la sua casa che era anche il suo studio.
Nato a Jersey City, New Jersey, il 2 novembre 1924, Van Gelder incomincia nell’adolescenza la sua passione per i microfoni e tutta la strumentazione necessari per ogni studio di registrazione. Cresciuto in un ambiente musicale, Rudy intraprende da autodidatta anche la strada della musica suonata imparando a suonare la tromba e resta folgorato dal jazz. Ma i suoi meriti entrano nella storia come ingegnere del suono, carriera che prende il volo nel 1952 grazie al sassofonista Gil Mellé, il quale lo presenta ad Alfred Lion della Blue Note (nella foto di apertura, Van Gelder e Lion). Da lì in poi lavorerà con i più grandi protagonisti della musica afroamericana, e non solo: Miles Davis, Thelonious Monk, Sonny Rollins, Art Blakey, Joe Henderson, Freddie Hubbard, Wayne Shorter, Horace Silver e l’immortale sassofonista John Coltrane, che nel dicembre 1965 lo volle con sé per affidargli tra le mani una delle più belle pagine coltraniane e del jazz moderno: “A Love Supreme”. Il suo principale obiettivo è sempre stato quello di far sì che “l’elettronica catturasse al meglio lo spirito umano”, e dobbiamo dire che i risultati gli hanno dato ragione.
Rudy Van Gelder ha fatto parte dell’AES, Società di Ingegneria del Suono e nel 2013 ha ottenuto il più prestigioso riconoscimento di questa organizzazione: la medaglia d’oro AES.