EDDIE PALMIERI, Rumbero del piano, fa 80!
Auguri al leggendario Maestro Eddie Palmieri, di antiche origini italo-portoricane. Nato a New York il 15 dicembre 1936. Pubblichiamo alcune foto (tra Perugia e Imola), e piccoli frammenti dell’intervista realizzata per Musica Jazz a Imola il 25 aprile 2007 prima del concerto serale. Tra le foto, una (rara, nel senso che difficilmente mi faccio ritrarre con i musicisti) assieme al Maestro al termine della citata intervista in cui, tra altre cose, spiegò perchè è considerato il “rumbero del piano”.
da “Musica Jazz”, ottobre 2007, intervista di Gian Franco Grilli
Lei è newyorchese, di origini portoricane, ma con un cognome italiano. Può svelarci le sue radici?
I miei genitori sono di Ponce (Puerto Rico), ma le mie antiche origini sono fiorentine. In breve la vicenda è questa: attorno al 1860 due fratelli toscani (uno era mio bisnonno) partirono alla volta di Puerto Rico e qui nel 1873 erano proprietari di Amelia, un bel podere agricolo. Il luogo dove nacque mio nonno Domingo e mio padre Carlos Manuel Palmieri, che emigrarono poi negli Stati Uniti.
E allora veniamo alla sua infanzia, all’ambiente sociale e sonoro della città di New York dove lei nacque negli anni Trenta, se non erro. Cosa ricorda di quegli anni?.
Sì, lì sono nato il 15 dicembre del 1936. Mia madre era sarta, mio padre elettricista e riparava radiotv e quando avevo cinque anni la mia famiglia si trasferì nel Bronx, il quartiere dove sono cresciuto assieme a mio fratello Charlie, che aveva nove anni più di me e suonava già il pianoforte.
Quindi una famiglia dove si ascoltava e si faceva musica, che poi l’ha contagiata. Qual è stato il suo primo strumento e che tipo di studi musicali ha fatto?
Ho iniziato a suonare il piano a undici anni e quando ne avevo tredici mi cimentai anche con le percussioni e suonai per un po’ i timbales con El Chino y su Alma Tropical, un’orchestra diretta da mio zio Chino Gueits, che era chitarrista. Non ho fatto studi in accademia, ma con Margaret Burns, una concertista che impartiva lezioni nella sua scuola situata nell’edificio della Carnegie Hall. Ma la scuola più importante è stata la pratica con i gruppi musicali del barrio, dove si suonava blues, jazz e la musica afrocubana che andava per la maggiore in quegli anni.
Le sue radici culturali sono più vicine alla bomba portoricana e meno alla rumba, che è cubana. E allora perché la chiamano il rumbero del piano e non bombero…?
Simpatica questa osservazione (ride divertito ). Credo che rumbero del piano venga dal mio modo di suonare il montuno – una forma sperimentata nelle differenti orchestre di musica latina ballabile che ho avuto – e dal rispetto e dallo stretto rapporto che ho con i percussionisti. Altri mi definiscono il “Mozart del montuno” riferendosi, credo, al mio lavoro sulle variazioni e alle estensioni delle mie composizioni, ma sono congetture…
All’inizio del suo percorso nel latin jazz inserì nella sua orchestra due tromboni con sonorità rauche e aggressive. Il motivo?
Io cominciai nel mondo del latin jazz con differenti orchestre. Per la verità, volevo nella mia band una sezione di trombe, ma era difficile trovare trombettisti, e il son montuno si faceva con la tromba. Decisi di ripiegare sui tromboni: il primo fu Barry Rogers e poi arrivò Josè Rodrigues, un brasiliano che stava a Santo Domingo. Furono i migliori trombonisti che ho avuto in assoluto, purtroppo sono scomparsi.
Gian Franco Grilli