Latin Jazz, periferico al BJF
Diciamolo subito: il programma del Bologna Jazz Festival (ma non è l’unico) ha riservato un po’ di spazio alle sonorità latin e al jazz en clave, meglio dire latin periferico. E non perchè il concerto di Hermanos Trio & Horacio El Negro si è tenuto a Budrio, in provincia di Bologna, ma in quanto la musica di questo filone ascoltata è di confine al latin. Qualcuno certamente dissentirà richiamando in causa la presenza di una robusta sezione latin nella Chick Corea-Steve Gadd Band, ma su questo potremmo aprire una lunga parentesi perché è un’altra storia.
Nel cartellone del Bologna Jazz Festival (26/10-19/11/2017) alcuni frammenti di latin sono emersi qua e là durante la performance all’Auditorium Manzoni (7 novembre) della Chick Corea- Steve Gadd Band, e in particolare sull’interminabile Concierto de Aranjuez/Spain (circa 17 minuti cui è seguita standing ovation) dove è spiccato il solidissimo tumbao del contrabbassista Carlitos Del Puerto jr. (foto sotto) sollecitato dai pattern ritmici di scuola afrocubana del multipercussionista venezuelano Luisito Quintero. E Gadd pronto a marcare sul bordo del rullante quell’andamento ritmico e armonico latin che offre un spinta particolarissima al groove.
Dopodiché il jazz en clave è riapparso in forma decisa nel concerto dell’Hermanos Virtuoso Guitar Trio (venerdì 17 novembre, Teatro Consorziale di Budrio) con special guest il numero uno dei batteristi cubani: Horacio “El Negro” Hernández. Cinquantaquattrenne, avanero, Horacio conferma un’energia incredibile con un’indipendenza di mani e piedi in grado di creare complicate poliritmie, un bagaglio esperenziale sconfinato da permettergli di esibirsi con i migliori musicisti del mondo e tra gli stili più diversi: afro-cuban, jazz, fusion, r&b, soul, world.
E infatti a Budrio (cittadina della pianura bolognese e patria dell’ocarina, strumento musicale popolare a fiato realizzato in terracotta) è stata una piacevole passeggiata per “El Negro” incastrare il suo drumming tra le corde (influenzate da Paco De Lucia, Al Di Meola & C. ) di Nico Di Battista (basso elettrico), Francesco Cavaliere e Max Puglia (chitarre). Novanta minuti di rumba cubana, guaguancó, clave 2/3 e 3/2, rumba flamenca, scala napoletana e scala flamenco che hanno messo in evidenza le storie comuni di queste espressioni culturali differenti, ovvero la presenza cubana nella musica andalusa, e viceversa, e molte similitudini tra sonorità napoletane e ispaniche. Insomma un appassionante viaggio iniziato con Caliente e terminato con Piña. In mezzo Falsa Rumba, Falsa Bulería, Napolatin, Legrand Neapolis, Buena Suerte (composizioni firmate dai musicisti napoletani) e il clou con un paio di vertiginosi e impressionanti assolo di Horacio “El Negro” che, guidato dalla sua micidiale clave a pedale, ha saputo portare il tempo senza interruzioni mentre il suo racconto ritmico-melodico si sviluppava attraverso cassa, rullante, tom e piatti senza trascurare le dinamiche e le possibilità timbriche dello strumento. E così, anche nella periferica Budrio, El Negro ha lasciato un altro segno della sua grandissima arte percussiva proveniente da Cuba.
Il latin ha fatto poi capolino la sera successiva (18 novembre, Jazz Club Ferrara, Torrione) e quasi a tempo scaduto nonostante la formazione Miguel Zenon 4et (foto) avesse ben tre latinos (due portoricani, Miguel Zenón e Henry Cole; un venezuelano, Luis Perdomo) e il progetto in programma si chiamasse «Típico». Infatti in zona Cesarini (per usare un termine calcistico) il bis intonato dal sax alto Miguel Zenón, a sorpresa, ci ha condotti nei Caraibi con “¿Cómo fue?, no sé decirte como fue/ no sé explicarme qué pasó/ pero de ti me enamoré. Fue una luz /que iluminò todo mi ser,/tu risa como un manantial/ llenò mi vida de ilusion….”. E sulle note di «¿Cómo fue?», bolero del compositore cubano Ernesto Duarte, è calato il sipario del Bologna Jazz Festival 2017.
Le stesse note, due giorni prima, riecheggiavano simbolicamente da Las Vegas attraverso il Latin Grammy assegnato a «To Beny Moré with Love», l’album di Jon Secada – featuring big band di Charlie Sepulveda - in memoria dell’immortale Benny Moré, il massimo cantore della musica popolare cubana di tutti i tempi, leader di jazzband cubane negli anni Cinquanta e forse il più grande interprete di «¿Cómo fue», tema a ritmo cadenzato diventato uno degli standard più gettonati del latin jazz. (Gian Franco Grilli)