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L’audiovisivo “Cuba, Amo Esta Isla” (online in youtube) è un omaggio al popolo e alla cultura cubana e non è una adesione al sistema politico del Paese. Un potpourri di immagini e suoni dell’Isla Grande di Gianfry Grilli

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Crossroads/E-R:19 al 22 aprile 2018

17. aprile 2018 – 20:33No Comment
Crossroads/E-R:19 al 22 aprile 2018

Giovedì 19 aprile, Auditorium Corelli, Fusignano (Ra), il trombettista Fabrizio Bosso Spiritual Trio  + voce di Walter RicciVenerdì 20 aprile alle ore 21:15, Teatro Ebe Stignani di Imola (BO) il n.1 del canto jazz maschile Kurt Elling.  Sabato 21 aprile (alle ore 21), Teatro Comunale di Russi (Ra) ,“Bach is in the Air” con due celebri pianisti: Ramin Bahrami e Danilo Rea. Domenica 22 aprile ore 21:15, Teatro Dadà di Castelfranco Emilia (MO): quartetto di Tom Harrell.

Giovedì 19 aprile il festival itinerante Crossroads, organizzato da Jazz Network e dall’Assessorato alla Cultura della Regione Emilia-Romagna, farà tappa per la quarta volta all’Auditorium Corelli di Fusignano. Per l’ultimo appuntamento musicale nella cittadina ravennate (mentre poi il festival continuerà su numerose altre piazze) alle ore 21 si esibirà uno dei beniamini del jazz nazionale, il trombettista Fabrizio Bosso, col suo Spiritual Trio (Alberto Marsico – organo Hammond; Alessandro Minetto – batteria) e per l’occasione anche con l’aggiunta della voce di Walter Ricci.

Fabrizio Bosso ha creato lo Spiritual Trio per eseguire un repertorio musicale di grande appeal, come evidenziato dalla scaletta di Spiritual (2011), il primo disco della band, comunque già attiva dal 2008. Sonorità eccitanti pronte a catturare i sensi e a rapire l’anima, ritmi carichi di esaltazione divina: questo trio tutto piemontese guidato dall’incontenibile talento trombettistico di Bosso pesca a piene mani nel repertorio gospel e spiritual, servendolo con una saporita aggiunta di swing e rinvigorendolo con iniezioni di hard bop. Gli estremi opposti della black music, la musica per il Signore e la musica per l’Uomo, gospel e jazz, chiamati a una insolita e mistica unione.

Rispetto alle sue prime prove, lo Spiritual Trio si è poi mosso verso dimensioni altrettanto accattivanti ma più mature con il secondo disco, Purple: una nuova esplorazione della musica nera di vocazione religiosa, con scelte di repertorio sia tradizionali che moderne. Inni spirituali sotto l’aspetto di canti dall’incredibile sensualità terrena, invocazioni al Signore fatte a tutto volume, musica che arriva a possedere esecutori e ascoltatori col suo vortice ascensionale: a Bosso & C. nulla sfugge del variopinto e palpitante mondo dello spiritual.

Questa ormai rodatissima band apre ora le porte a uno special guest: Walter Ricci. Classe 1989, Ricci inizia giovanissimo a calcare i palchi dei più noti jazz club. Nel 2006 vince il “Premio Nazionale Massimo Urbani” e la sua carriera prende il via. È in quella occasione che incontra Fabrizio Bosso, che lo vorrà spesso accanto a sé e che lo sosterrà negli anni a seguire. Al 2008 risale l’inizio della sua collaborazione con Stefano Di Battista, mentre nel 2009 Pippo Baudo lo invita a Domenica In come vocalist dell’orchestra diretta da Pippo Caruso. Nella sua lunga permanenza televisiva ha modo di duettare, tra gli altri, con Michael Bublè e Mario Biondi, col quale continua poi a esibirsi anche fuori dagli studi della RAI. Da allora la carriera di Ricci ha preso un respiro internazionale, alternandosi tra collaborazioni e progetti come leader.

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Venerdì 20 aprile alle ore 21:15 l’edizione 2018 di Crossroads torna al Teatro Ebe Stignani di Imola (BO), dopo l’enorme successo raccolto nello stesso luogo appena dieci giorni prima da Cristina Donà, Fabrizio Bosso & C. Questa volta sarà Kurt Elling a dominare la scena: la più altolocata voce maschile del jazz internazionale sarà sostenuta da una band spumeggiante, con Stuart Mindeman a pianoforte e organo Hammond, John McLean alla chitarra, Clark Sommers al contrabbasso e Jeff “Tain” Watts alla batteria.

Tra una diva jazz e l’altra, ogni tanto sulla Terra arriva anche una voce maschile carismatica. Kurt Elling, chicagoano classe ’67, con la sua immagine e gli atteggiamenti sfacciatamente hip è piombato come un ufo nel felpato mondo dello swing odierno. Risultato, anche per via delle doti vocali: un successo planetario, sancito dalle ripetute vittorie nei referendum sia di DownBeat (per quattordici anni consecutivi a partire dal 2000!) che di Jazz Times come migliore voce maschile.

Dopo un lungo sodalizio con la Blue Note, nel 2007 Elling è approdato alla Concord, continuando a sfornare dischi in cui l’irresistibile fascino canoro si somma a programmi musicali composti con bizzarra maestria. Sotto l’egida del producer Don Was (specializzato in Bob Dylan e Rolling Stones), una specie di nuovo corso nella carriera del cantante arrivò nel 2011, con l’album The Gate. Un’opera beffarda che poneva Elling davanti all’inevitabile bivio creato dal successo: a destra si prosegue lungo la strada del jazz, a sinistra si imbocca la rock avenue. Allora da che parte prendere? Elling divaricò le gambe, facendo lunghi passi in entrambe le direzioni. E sorpresa: come cantante pop dimostrò un’autorevolezza espressiva pari alle sue doti di jazz performer.

Il circuito virtuoso tra il richiamo pop del repertorio e la sofisticata levatura jazzistica di Elling fu confermato dal successivo 1619 Broadway – The Brill Building Project (2012), col suo affondo nella canzone statunitense tra anni Cinquanta e Sessanta. E poi ancora dal repertorio assemblato con la massima varietà ma saldamente coerente nella visione interpretativa di Passion World (2015): canzoni raccolte in giro per il globo, da Cuba all’Islanda, dalla Scozia alla Francia, tutte accomunate dall’intensità emotiva dei testi. Amori, passioni romantiche e strapazzi di cuore in un esotico viaggio attorno al mondo. Più di recente è arrivato anche un disco di songs natalizie, The Beautiful Day (2016, OKeh/Sony).

 

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L’edizione 2018 di Crossroads arriva anche a Russi (RA), con due concerti al Teatro Comunale negli ultimi giorni di aprile. Il primo appuntamento sarà sabato 21 aprile (alle ore 21) con “Bach is in the Air”, progetto che trasporta le sublimi opere per tastiera di Bach sul terreno dell’improvvisazione jazzistica ideato da due celebri pianisti: Ramin Bahrami, uno dei solisti più in vista del panorama classico oltre che specialista bachiano, e Danilo Rea, un punto di riferimento inconfondibile del piano jazz nazionale. L’altro appuntamento previsto a Russi sarà il 30 aprile con una all stars all’italiana: Enrico Rava, Giovanni Tommaso, Rita Marcotulli e Alessandro Paternesi.

Un titolo a doppio taglio, perché se da un lato sembra riassumere l’arte musicale di Bach in una delle sue forme più canoniche, l’Air, in realtà “Bach is in the Air” così si intitola in ricordo di una canzone tutt’altro che barocca: Love Is in the Air di John Paul Young. Scelta con la quale il pianista iraniano Ramin Bahrami (nato a Teheran nel 1976, rifugiatosi prima in Italia e poi in Germania dopo essere fuggito con la famiglia in seguito alla rivoluzione islamica) chiarisce subito che una carriera votata interamente a Bach non lo ha certo fossilizzato. Così dopo dischi classici con tutti i crismi (ma capaci di scalare le classifiche di vendita), concerti gremiti e un’attività didattica e letteraria per diffondere il verbo bachiano, Bahrami ha pensato che il Kantor potesse fare un passo in più, ai nostri tempi: ritornare in contatto con l’improvvisazione, pratica esecutiva che, ancora in parte presente nella musica barocca, è rimasta poi estranea alla successive epoche della musica colta (cadenze a parte). E per questa sortita a cavallo tra i generi ha trovato il partner ideale in Danilo Rea, i cui studi classici non possono sfuggire a un orecchio attento, pur ascoltandolo nei suoi personali percorsi jazzistici.

Così ecco Bahrami a una tastiera, che continua in quel che sa far meglio: interpretare lo spartito bachiano. E al suo fianco Rea, che dopo averne colto lo spunto, si impossessa delle note del collega per usarle come materiale per una libera reinterpretazione. L’intreccio delle tastiere permette a volte di distinguere chiaramente il contrappunto bachiano dalla decorazione improvvisata, altrove invece le linee si fondono in un perfetto incastro: ne scaturisce una fantasia a quattro mani.

 

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Domenica 22 aprile alle ore 21:15 l’edizione 2018 di Crossroads, il festival itinerante organizzato da Jazz Network e dall’Assessorato alla Cultura della Regione Emilia-Romagna, farà tappa al Teatro Dadà di Castelfranco Emilia (MO) con il concerto del quartetto di Tom Harrell, nome di rilievo assoluto nel panorama internazionale dei trombettisti jazz. Un solista di pregio che sarà accompagnato da una ritmica all’altezza della situazione, con Danny Grissett al pianoforte, Ugonna Okegwo al contrabbasso e Adam Cruz alla batteria.

Tom Harrell, ovvero quando la musica vince sulle ombre di una annichilente malattia. Nato nel 1946 a Urbana (Illinois), Harrell ha trovato nella tromba la migliore cura per alleviare i sintomi di una grave forma di schizofrenia. Il contatto con lo strumento lo libera infatti dai suoi fantasmi e ciò risuona chiaramente nelle sue note cristalline, le linee melodiche e il fraseggio che esprimono un commovente senso di liberazione e serenità, anche nei frangenti ritmicamente più esplosivi. La forza interiore di Harrell, il contenuto espressivo delle sue improvvisazioni e una tecnica tra le più raffinate lo hanno imposto come una delle trombe più rappresentative e ammirate del jazz degli ultimi cinque decenni. Al di là dei molti premi che ne sanciscono il talento, come le ripetute affermazioni nei referendum di DownBeat e Jazz Times, Harrell è una vera icona vivente della tromba jazz per la forza con la quale ha sopraffatto i problemi personali, conquistando l’ammirazione dei colleghi e del pubblico.

Dopo i primi passi sulla scena musicale californiana, con Stan Kenton (1969), Woody Herman (1970-71) e Horace Silver (1973-77), Harrell si trasferì a New York. Sulla costa orientale i suoi primi sodalizi musicali furono con Bill Evans (1979), Lee Konitz (1979-81) e George Russell (1982). Harrell raggiunse poi l’apice del suo stile durante il lungo e celeberrimo connubio con Phil Woods, del cui quintetto fece parte dal 1983 al 1989. Da allora lo si è visto prevalentemente a capo di propri gruppi, tra i quali l’attuale quartetto spicca come una superba macchina da swing, capace di catapultare nella nostra contemporaneità l’esperienza sia delle trombe più vigorose dell’epoca hard bop (Clifford Brown) che la toccante cantabilità senza tempo di Chet Baker.

Dopo il sodalizio discografico con la RCA/BMG (1996-2003), caratterizzato soprattutto da lavori per larghi organici, Harrell registra ora prevalentemente per l’etichetta HighNote, con la quale ha rilanciato l’avventura delle sue small bands. Tra queste, il quartetto che suonerà a Castelfranco Emilia è quella di più recente costituzione: il suo esordio discografico è avvenuto nel 2017 con Moving Picture, nel quale è palpabile l’affiatamento tra musicisti con una lunga esperienza in comune maturata in altri organici (a partire dal celeberrimo quintetto del trombettista).

 

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