Cuba CD: Román Filiú,Quartería
Diciamo subito cosa significa cuartería (o quarterìa): è una sorta di “saletta”, con pareti di legno e tetto di zinco, condivisa dai membri del caseggiato. Realtà dove Román Filiú ha trascorso l’infanzia giocando con gli amichetti mentre dalle finestre dei vicini uscivano le musiche più disparate: ritmi ballabili, bolero romantici, canti religiosi afrocubani, melodie, opere d’aria, swing e… naturalmente conga orientale. “Quarterìa” di Román Filiú (Sunnyside -distr.IRD)
Diciamo subito cosa significa cuartería: è una sorta di “saletta”, con pareti di legno e tetto di zinco, condivisa dai membri del caseggiato. Realtà dove Román Filiú ha trascorso l’infanzia giocando con gli amichetti mentre dalle finestre dei vicini uscivano le musiche più disparate: ritmi ballabili, bolero romantici, canti religiosi afrocubani, melodie, opere d’aria, swing e… naturalmente conga orientale, perché siamo nel Barrio de San Pedrito, culla di una delle comparse più importanti del Paese e in cui il giovane Roman iniziò a farsi le ossa fino a diventare un’apprezzato e richiesto contraltista -compositore, e oggi protagonista del panorama jazz di New York, dove risiede dal 2011. E proprio da lontano tenta un’originalissima rilettura di quell’ambiente santiaguero ispirandosi a contradanze (Saumell, Cervantes), tumba francesa, clave afro, con la sua portatile lente del jazz contemporaneo che mostra influenze di Muhal Richard Abrams, Steve Coleman e in particolare di Henry Threadgill, con cui il Nostro collabora frequentemente. Quarterìa è un mix musicale di grande impatto, jazz ricchissimo di colori, dimensione concettuale, non di facilissimo ascolto, ma superata la contrappuntistica traccia di apertura, Fulcanelli, il progetto comincia a scorrere, si ferma, poi riprende il movimento e così via. I tre brani che si fanno rispettare in chiave latin sono soprattutto Harina Con Arena, Danza I e Danza 3 dove il tumbao del conguero Yusnier Sanchez (di Pinar del Rio) calamita la sezione ritmica di Craig Weinrib, Matt Brewer rafforzata dal piano di David Virelles, artista il cui spessore e la marcia in più si mostrano quando riesce a prendere assolo del progetto, che il bandleader ha pensato e costruito invece con un ottica da ensemble. In sintesi: il punto di forza di questo lavoro di Román Filiú (altista dal fraseggio narrativo, ma capace di renderlo sferzante e carezzevole allo stesso tempo) è stato quello di combinare elementi afro-cubani con il jazz, con percorsi irregolari sì, ma andando ben oltre i numerosi esempi di afrocuban jazz /cubop ecc. per rompere le barriere tra i generi musicale e i codici della musica afro-americana.
Nel settetto troviamo oltre ai cubani Filiù, Virelles, Sanchez anche il trombettista Ralph Alessi, i tenorsassfonisti Dayna Stephens e Mara Grand e i già citati Weinrib e Brewer. Straordinario album, da ascoltare più volte, veramente, e capirete così le novità da soli. (gfg)