VENEZUELA nel caos, e la guerra fredda ritorna
VENEZUELA/ Oramai è guerra fredda in America Latina sulla crisi venezuelana. E capire dalla stampa su quanto sta realmente accadendo a Caracas è quasi impossibile, viste le spaccature tra i politici e i governi. Claudia Fanti (Il Manifesto) racconta che : “Ci hanno pensato Francia, Spagna e Germania a risollevare le quotazioni di Juan Guaidó, dopo lo smacco ricevuto giovedì in sede di Organizzazione degli Stati americani, dove la mozione per riconoscerlo come presidente legittimo del Venezuela non aveva ottenuto la maggioranza tra i membri.”
L’articolista continua sottolineando che “In suo soccorso (di Guaidò), però, è giunto l’ultimatum a Maduro lanciato ieri da Emmanuel Macron, Pedro Sánchez e Angela Merkel: se, hanno dichiarato, entro otto giorni non verranno convocate elezioni «eque, libere, trasparenti e democratiche», i loro paesi riconosceranno Guaidò come presidente ad interim del Venezuela”.
Il M5S, ad esempio, non crede a Guaidò e neppure Landini della CGIL lo appoggia, anzi sta con il figlio del chavismo. E Il Giornale scrive che ” Alessandro Di Battista, ex parlamentare grillino tornato proprio dal Sud America per aiutare Di Maio nella campagna elettorale per le Europee ha puntato il dito in modo pesante contro il ministro degli Interni, Matteo Salvini: “Firmare l’ultimatum UE al Venezuela è una stronzata megagalattica. È lo stesso identico schema che si è avuto anni fa con la Libia e con Gheddafi – sostiene – identico. Qua non si tratta di difendere Maduro. Si tratta di evitare un’escalation di violenza addirittura peggiore di quella che il Venezuela vive ormai da anni…”. Difendere la politica di Maduro è ovviamente duro per chi crede nei diritti umani, ma affidare poi credibilità sul tema a “Saggi” come Donald Trump da un lato della barricata e a Putin e Erdogan dall’altra parte diventa tutto incomprensibile, sconcertante per non dire ridicolo.
Massimo Cavallini (già corrispondente in America latina per L’Unità, oggi collaboratore de Il Fatto Quotidiano) specificava qualche giorno fa (sull’avvio del Secondo mandato presidenziale di Maduro) che: “Prima ancora che una dittatura, il Venezuela è, infatti, un Paese distrutto. Un Paese che non esiste più. Un deserto nel quale la miseria ha inghiottito ogni cosa, anche la speranza. E dove anche la protesta, che della speranza è l’ultima spiaggia, è stata sostituita da una diaspora, un esodo di bibliche proporzioni, che ha creato la più grave crisi migratoria della storia dell’America Latina.”
Certamente, per parlare con cognizione di causa e in modo equidistante, bisognerebbe essere sul campo (e non raccontare stando a Rio de Janiero, Miami o Roma) e vedere e ascoltare la gente, tutta, poi occorre conoscere bene la Costituzione bolivariana con leggine e cavilli vari varati ad hoc.
Per noi, dunque, come dice Cavallini, “… è difficile intravedere un barlume di luce”, che invece, almeno stando alle posizioni espresse, intravedono sia Putin, Erdogan e Cina, che si aggiungono a Cuba, Messico, Bolivia, Iran e altri ancora. Qualcuno diceva spesso che a pensare male degli altri si fa peccato, ma spesso si indovina: e allora è troppo azzardato e offensivo ritenere che alcuni degli sponsor delle due fazioni , dietro alla difesa della democrazia per i venezuelani ci nascondono il desiderio di controllo delle eventuali risorse di energia di quella ricca terra sudamericana?