IL mondo dei suoni di HERMETO PASCOAL
IL MONDO DEI SUONI DI HERMETO PASCOAL & GRUPO nel concerto di venerdì 15 novembre 2019 per il Bologna Jazz Festival. Una bellissima e allegra serata di musica senza confini, diciamo, impropriamente di brasilian jazz abbastanza eccentrico, ma si sapeva benissimo che quanto propone l’acclamatissimo Hermeto è qualcosa che va molto oltre il jazz samba.
Infatti va molto oltre il jazz samba e affini che invece spiccano brillantemente quando è il Grupo a gestire la scena, e allora esce fuori proprio uno swingare carioca di pregevolissima fattura. Nel Grupo poi spiccano tre elementi davvero talentuosi, ma su tutti svetta il grintoso fraseggio jazzistico del sassofonista-flautista Jota P. Ma è “O bruxo”, (stregone), Hermeto, colui che inevitabilmente ha ipnotizzato e divertito la gremitissima platea (con decine di persone in piedi) dell’Unipol Auditorium. E … dopo due ore di volubili colori sonori e un armamentario strumentale ricco di percussioni artigianali, giocattoli e oggettistica varia sonante, il Nostro eroe ha omaggiato il pubblico felsineo con un brano scritto nel pomeriggio stesso (come fa di solito, ovunque e a tutti, ed è noto che Hermeto compone a raffica e in ogni dove) mentre riposava in albergo. E come ultima chicca finale per l’applautissimo bis ci ha trasportati mentalmente all’Avana, brasilianizzando il celebre El Manisero, (il son cubano “venduto” per anni per comodità e ignoranza come Peanuts Vendor e italicamente come “rumba delle noccolione”) infilandolo poi dentro un altro contenitore di suoni per creare un calientisimo e coinvolgente dialogo con l’entusiastico pubblico già in brodo di giuggiole per la simpatica e giocosa atmosfera, sconfinata poi in alcuni piccolissimi punti (non me ne vogliano gli artisti e i fan) in un clima un po’ circense e quasi da Corrida, divertentissima peraltro .Tuttavia la genialità vera di Pascoal è stata sotto gli occhi e le orecchie di tutti per quasi tutta la performance. Detto questo, contradditoriamente (lo confesso) mi è venuto di salutarlo mentalmente con lo stereotipico modo di lasciar la presa, cioè con il classico “buonanotte suonatori” che può dire tante cose, ma per me ha rappresentato e rappresenta l’attesa di ritornarlo a vedere presto e a lungo nei nostri teatri, consapevole delle non trascurabili ottantatre primavere del pimpante artista alagoense, che spessissimo nelle interviste cita allegramente Miles Davis (con il quale condivise una bella stagione) quando lo definì simpaticamente «albino pazzo». (GFG)