Libri. “C’era una volta in America latina” di Giorgio Oldrini
Diciotto racconti dall’America Latina, diciotto storie, alcune davvero inedite, dal continente magico attraverso la brillantissima penna del giornalista Giorgio Oldrini, grande cronista, uno dei pochi veri conoscitori di quella immensa regione che spazia dal Rio Bravo alla Patagonia. Di seguito la recensione al libro “C’era una volta in America Latina” (Edizioni Interno4).
Oggi in Italia si contano sulle dita di una mano gli esperti di America Latina in grado di raccontarla dal punto di visto storico, politico e culturale. Tra questi c’è il giornalista, ora pensionato, Giorgio Oldrini che quel continente l’ha visitato in lungo e in largo come inviato e corrispondente per il glorioso quotidiano comunista l’Unità, giornale che purtroppo ha cessato la pubblicazione da diversi anni impoverendo così il panorama della stampa quotidiana di spessore. E purtroppo ci era sfuggita anche una delle ultime fatiche letterarie del giornalista-scrittore (già sindaco di Sesto San Giovanni): “C’era una volta in America latina – Diciotto racconti dal continente magico più un reportage d’autore a cura di Sergio Staino (Edizioni Interno4, 14 euro). Naturalmente il Paese latinoamericano che Oldrini conosce meglio di tutti e che occupa anche una posizione dominante in queste narrazioni è l’isola castrista. “Ho vissuto otto anni a Cuba e in America latina e successivamente ci sono tornato varie volte”, scrive Oldrini nell’introduzione a questo libro che rappresenta “il frutto di quel tratto della mia vita che ricordo con piacere” e, si percepisce fin dalle primissime battute, anche un po’ di legittima nostalgia. “Ho voluto raccogliere queste storie per esprimere due sentimenti, che spero si colgano sia nelle vicende tragiche che in quelle divertenti. Un grande affetto per luoghi, personaggi, tempi che riempiono ancora i miei ricordi più cari e la mia vita, e che spesso, soprattutto nelle mie molte notti insonni, mi affiorano nella mente e continuano ad emozionarmi. Il secondo sentimento, legato strettamente all’affetto, è la nostalgia (eccola!), segno ineludibile di chi ha attraversato paesi, storie e persone e ha stretto legami forti con donne e uomini, di chi ha preso parte col cuore e con la ragione alle vicende che ha conosciuto. È il contrario dell’indifferenza e ha più a che fare con la passione e per questo aiuta a vivere il futuro”.
Giunti al termine di queste avvincenti pagine non è mi è stato possibile stabilire una classifica dei racconti più pregnanti e toccanti, poiché sono tutte storie estremamente interessanti, profonde, coinvolgenti. Di fronte però ad alcuni avvenimenti tragici come quelli accaduti al desaparecido cileno-argentino-messicano Ernesto (La Fatica della giustizia, pp-105-118), i lettori “latinoamericanisti”, terzomondisti, più sensibili e attenti e meno giovani di età, non riusciranno a leggere quelle righe con distacco e non potranno fare a meno di ripercorrere all’indietro una buona parte della lora vita impegnata, in qualche modo, in battaglie democratiche per condannare le brutali e corrotte dittature sudamericane del secolo scorso responsabili di atroci massacri e di ferite ancora aperte. Ma, per dirla tutta, sono saltato sulla sedia al termine del racconto “L’interprete del Che”, e non solo per il fatto che il protagonista, Piero, era bolognese ed era stato un giovanissimo partigiano comunista della nostra città durante la seconda guerra mondiale, ma perché ho identificato in Piero il padre di due ragazzi italo-cubani con i quali ho stretto una solida amicizia che ci tiene ancora in contatto. Il guerrigliero eroico muove le pagine anche di “Le ossa del Che”, il racconto che chiude il volume dopo 160 piacevolissime e intelligenti pagine che ci accompagnano alla scoperta di uomini, fatti e protagonisti del continente magico. Libro imperdibile, soprattutto per i cultori di storia latinoamericana e di chi ama le tradizioni e le genti di quell’immenso continente.
(G.F. Grilli)