Caribe anglofono nella cubana BARAGUÁ
Viaggio allo scoperta di tradizioni, costumi ed espressioni folklorico-culturali caraibiche della comunità di Baraguá a 25 chilometri dal capoluogo Ciego de Avila, provincia al centro di Cuba. L’origine e le culture contaminate di questa comunità sono legate alla presenza di di discendenti di emigranti arrivati nell’isola di Cuba per il taglio della canna da zucchero provenienti da Giamaica, Barbados, Trinidad e Tobago, Grenada e canale di Panama. Gli incontri di Gian Franco Grilli sono riassunti con dei frammenti di immagini girate nel barrio jamaicano di questa località.
Diciamolo subito il municipio che stiamo raccontando non ha attrattive e strutture ricettive tali da far convergere parte del grande flusso turistico di visitatori dell’Isla Grande. Oltretutto le attività di questa località sono a vocazione agricola. Infatti la storia di questo angolo cubano, comincia a muoversi all’inizio del Novecento quando i latifondisti e imprese industriali per la trasformazione della canna da zucchero chiamarono dei braccianti stranieri (dalle varie isolette caraibiche tra Trinidad, Barbados, Giamaica, Grenada ecc.) per le campagne della zafra, ossia il taglio e la raccolta della canna da zucchero. Baraguà ruotava attorno all’Ingenio Central Ecuador, la Central Azucarera, appunto complesso industriale della elaborazione della canna da zucchero e attività collegate. I discendenti di questi braccianti e operai, stabilitisi poi successivamente in questa area agricola, hanno via via ( e soprattutto dopo la Rivoluzione Socialista) mantenuto e valorizzato in larga parte i costumi, le tradizioni, le abitudini dei propri antenati arrivati come schiavi nei Caraibi con la tratta negriera. Le differenti radici caraibiche di questi emigranti spiccano ancora oggi attraverso delle manifestazioni culturali tipiche, gli accenti della lingua inglese, i cognomi, le fedi religiose (qui presenti con la Chiesa Episcopale, Pentecostaler, Avventista del 7° Dia) e anche nelle ricette gastronomiche molto particolari rispetto a quelle della culinaria cubana. Ad esempio, il congrì, arroz y frijoles, riso, fagioli e maiale, qui viene cucinato aggiungendo negli ingredienti il cocco e il latte, contrariamente a quanto avviene in tutto il resto dell’isola di Cuba.
Il Folklore. Nelle feste del folklore troviamo corse nei sacchi, giocolieri trampolieri, ma l’animazione più spettacolare è rappresentata dalla dimensione ritmico-coreutica e folklorica de La Cinta, gruppo di musicisti e danzatori.
Il primo giorno di Agosto c’è la festa più importante della comunità e dove la fanno da padroni i depositari delle tradizioni giamaicane e di Trinidad con l’espressione musicale-coreutica del calypso. Tutte le famiglie, tra grandi e piccoli, intervengono preparando nei dettagli ogni aspetto della vita quotidiano, dalla cucina con dolci a bevande ottenute da frutti e piante, ai ritmi ballabili contagiosi del Conjunto folklorico de la Cinta, oramai una vera istituzione culturale formata da cittadini appassionati di questi ritmi, tra cui il calypso eseguito dal gruppo Calypso Boys, artisti dilettanti, e dai giovanissimi Los Caribenitos sul repertorio in cui emergono i brani famosi di Harry Belafonte, Matilda e Banana Boat, tra gli altri.
La danza della Cinta, molto frenetica e complicata, si sviluppa attorno al tronco cui vengono intrecciati dei nastri dalle abilità dei partecipanti allo spettacolo molto coreografico dove si richiama anche il Limbo, danza originaria di Trinidad & Tobago con il ballerino che al ritmo della musica tenta di passare sotto l’asticella (un palo orizzontale posizionato sempre più in basso) senza toccarla e neppure il protagonista deve cadere all’indietro.
La nostra visita in quel fantastico e affascinante territorio avvenne durante il weekend natalizio del 2001/2002. (GFG)