CILE poesia: Pablo Neruda, Arte degli uccelli
Arte degli uccelli di Pablo Neruda, pubblicato per la prima volta a Santiago del Cile nel 1966 e ora nelle librerie italiane (traduzione curata da Giuseppe Bellini per Passigli editore), mi ha riportato indietro l’orologio di trent’anni pensando ad analogie di una esperienza personale con un notissimo ornitologo e birdwatcher italiano, dirigente della Lipu.
Arte degli uccelli di Pablo Neruda, pubblicato per la prima volta a Santiago del Cile nel 1966, e ora nelle librerie italiane con la traduzione curata da Giuseppe Bellini per Passigli editore, mi ha riportato indietro di trent’anni pensando a una esperienza personale con un notissimo ornitologo e birdwatcher italiano, dirigente della Lipu, che dedicava intere ore della giornata al rispetto per la natura, allo studio e in particolare all’osservazione e la conoscenza degli uccelli dopo il suo quotidiano lavoro come medico di base. Una passionaccia simile a quella del premio Nobel cileno Neruda la cui immagine è più associata a versi d’amore e di impegno politico e civile, ma ha dedicato una vita intera allo studio della natura, di piante, di fiori, di animali, di insetti e in particolare di uccelli del suo paese e della regione sudamericana. Una competenza maturata sul campo fin dall’infanzia e che possiamo dedurre ad esempio da descrizioni accurate affiancando al nome cileno in spagnolo quello latino dell’uccello, opportunamente poi tradotti in italiano per questa edizione che presenta 51 poesie in spagnolo e italiano dove simbolicamente percepiamo il canto degli alati e del suo versificatore.
Con l’Arte degli uccelli il poeta Neruda intesse una trama per celebrare ancora una volta il suo Cile e nella carrellata sfilano uccelli di dimensioni, caratteristiche e colori diversi, tenui e anche cupi: ad esempio, le “navi nere ferruginose , le aquile; il condor distende il suo volo minaccioso sulle alture di Macchu Picchu, ma vi sono anche le più comuni rondini e il colibrì e tutti con il proprio canto. Nella raccolta incontriamo anche il settore dei “Pajarantes”, ossia volatili inventati dal poeta con le loro definizioni latine pseudoscientifiche e rappresentano quasi esclusivamente figure di amici o persone care come Matildina Silvestre (El pajaro ella) o l’autobiografico “El pájaro yo” (L’uccello io). Una certa curiosità e un bel senso ritmico e cantabile lo conferiscono a chi scrive la pronuncia di nomi come Barbitruqui, El Tintitrán, Tiumba o El Tontivuelo. Un testo per una profonda e originale immersione nella natura della poesia nerudiana e allo stesso tempo un piacevole viaggio culturale che ci porta fino allo Stretto di Magellano in compagnia di amici alati, minuscoli o grandi cantori che come racconta Neruda “tutto mi rivelarono, ma non appresi né a volare né a cantare. Imparai solo ad amarli vagamente, guardandoli dal basso in su…” . Il libro con questi versi, arricchiti di belle tavole firmate dal pittore naturalista franco-americano John James Audubon, ci mostra sia la vocazione ornitologica, sia la dedizione per la natura in generale che scrutava palmo a palmo allontanandosi molti chilometri dalla sua casa di Isla Negra. Ma emerge anche una dimensione personale e intima del poeta, politico e diplomatico, Nobel per la letteratura, scomparso mezzo secolo fa, era il 1973, un paio di giorni dopo il golpe di Pinochet. Libro consigliatissimo. (Gfg)