Sudamerica in vetrina: Noi, i Selk’nam
Edicola edizioni manda in libreria Noi, i Selk’nam. Storia di una resistenza, graphic novel documentaria di Carlos Reyes e Rodrigo Elgueta, un’esplorazione delle rappresentazioni, delle storie, delle memorie e delle vite dei Selk’nam, popolazione della Terra del fuoco considerata estinta da circa un secolo e ancora oggetto di una potente fascinazione da parte dei nostri contemporanei.
da El Gran Malón, newsletter curata da Chiara Mogetti.
Ma cosa sappiamo davvero dei Selk’nam? Alcuni parlano di altezze esagerate, di corpi dipinti e di una cultura spirituale molto ricca, altri ricordano una vicenda brutale di colonialismo, deportazione ed esposizione negli zoo europei. Quella dei Selk’nam è una storia che ci spinge con urgenza a interrogare la nostra storia e la nostra identità di occidentali, il modo in cui il nostro immaginario continua a dare forma al mondo e alle scelte che facciamo nel momento dell’incontro con l’altro.
Abbiamo intervistato Margarita Maldonado, educatrice e attivista Selk’nam che lotta indefessamente per il riconoscimento dell’esistenza, dei diritti e dell’identità socio-culturale della sua gente. I due autori l’hanno incontrata nel corso delle loro ricerche: infatti, nonostante l’opinione corrente, i Selk’nam sono un popolo vivo.
A seguire, una doppia intervista agli autori sulle gioie e i rischi di una narrazione così complessa e stratificata, e della relazione con un soggetto sfuggente ed esplosivo allo stesso tempo e a tutti i livelli.
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IN BILICO TRA PRESENZA E ASSENZA
Intervista agli autori Carlos Reyes e Rodrigo Elgueta
Carlos Reyes è sceneggiatore, editore, esperto di comunicazioni audiovisive e docente. Co-fondatore della casa editrice indipendente Feroces Editores, è stato editore di Suda Mery K! – rivista internazionale di storie sudamericane.
Rodrigo Elgueta è disegnatore di fumetti e illustratore. Ha esposto in Cile e all’estero. Si è dedicato alla gestione di attività culturali, organizzando e coordinando diversi progetti ed eventi di narrativa grafica.
Insieme, Reyes ed Elgueta hanno già firmato Gli anni di Allende (Edicola Edizioni 2016).
Che sfida rappresenta decidere di raccontare la storia di un popolo considerato sepolto nel passato, e quindi abbondantemente rappresentato dall’esterno, ma che in realtà non è scomparso? Quali soluzioni avete adottato?
CR: All’inizio dello sviluppo del libro, pensavamo che il popolo Selk’nam non esistesse più e che il nostro lavoro sarebbe stato più che altro un recupero della memoria storica di un gruppo scomparso. A metà della produzione, siamo rimasti sorpresi di scoprire che erano ancora vivi e la nostra responsabilità come autori è aumentata. Mi sono vergognato della mia ignoranza in materia, ma questo mi ha aiutato a capire che questa ignoranza era qualcosa che poteva riguardare anche i nostri lettori e le nostre lettrici. Per questo, con Rodrigo abbiamo deciso di cambiare il nostro modo di vedere e, oltre allo sguardo esterno che percorre tutto il libro, abbiamo voluto concludere con la testimonianza diretta di una donna Selk’nam vivente. Nella nostra ricerca ci siamo imbattuti in Margarita Maldonado, un’abitante Selk’nam di Río Grande, in Argentina, che ha svolto un importante lavoro per dare dignità e visibilità al suo popolo. Ha scritto un libro intitolato Entre dos mundos: Pasado y presente de los habitantes Selk’nam – Haus de Tierra del Fuego [Tra due mondi: passato e presente degli abitanti Selk’nam-Haus della Terra del Fuoco) in cui parla del suo rapporto con il salvataggio delle conoscenze del suo popolo. Sapere che non stavamo più parlando di un popolo morto, ma di uno vivo, ci ha reso felici e ha cambiato completamente il focus della nostra graphic novel.
RE: Se già in Gli anni di Allende (Edicola 2016) si intravede l’idea di affrontare l’opera come un documentario, in questa nuova graphic novel questa proposta è assolutamente chiara. Abbiamo affrontato la produzione di questa graphic novel come se fosse un viaggio nell’ignoto, in cui siamo partiti da informazioni superficiali e procedendo da uno strato all’altro, sempre più in profondità.
Dal punto di vista grafico, posso dire che una delle sfide più importanti, tra le tante, è stata quella di cercare di descrivere con dettagli archeologici, antropologici e geografici il paesaggio inospitale della Terra del Fuoco, caratterizzato da un clima estremo, con molto vento e neve, con estese pianure e catene montuose, dove questo popolo di cacciatori nomadi ha sviluppato una cultura molto complessa nella lingua e nella concezione del mondo. Ho potuto ritrarre questo paesaggio perché ho avuto la fortuna di conoscere e vivere per diversi anni nella zona estrema del sud del Cile, chiamata Regione di Magellano, in particolare nella città di Punta Arenas, di fronte alla Terra del Fuoco. Ho potuto vivere l’esperienza di quelle grandi pianure desolate, dove il vento sferza con grande forza. Ad esempio, l’inclinazione degli alberi, dovuta al forte vento, è una caratteristica unica del paesaggio della regione. Inoltre, le caratteristiche fisiche, antropologiche e culturali delle culture fuegine e, nello specifico, dei Selk’nam, sono state un fattore che ho dovuto disegnare con grande attenzione, per rispettarne le caratteristiche nel modo più rigoroso possibile combinandole allo stesso tempo con la poetica grafica, che spinge il libro oltre una dimensione strettamente antropologica.
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Potete parlarci del vostro processo di lavoro, del dialogo che avete condotto tra di voi e che avete poi intrecciato con le testimonianze raccolte?
CR: Il mio lavoro con Rodrigo prevede molto dialogo. Anche se io scrivo le sceneggiature e lui disegna ogni vignetta, discutiamo molto di ogni aspetto dei nostri libri, prendiamo decisioni insieme e a volte è difficile chiarire chi ha avuto un’idea e chi un’altra. Il nostro lavoro si basa sul totale rispetto e sulla fiducia reciproca. Siamo un gruppo di lavoro. Nel caso di questo libro, abbiamo entrambi potuto rivolgerci ad amici che avevano lavorato su diversi aspetti del popolo Selk’nam, il che dimostra che intorno a noi, al di là dei nostri personali interessi, circolava un’idea latente che inevitabilmente a un certo punto si sarebbe trasformata in un’opera. Mi piace molto il gran numero di informazioni e il carattere frammentario che abbiamo ottenuto per il libro, perché la struttura formale di Noi, i Selk’nam parla sia del libro stesso sia della forma che assume la nostra conoscenza di questo popolo affascinante, che a sua volta è fatta anche di frammenti, di miti, di pregiudizi, di sorprese.
Ci auguriamo che questo libro possa rappresentare la porta d’accesso per coloro che si interessano al popolo Sel’knam e a tanti altri popoli del mondo, e che li aiuti ad avvicinarsi a queste culture che tanto hanno da insegnarci in un mondo convulso come quello in cui viviamo oggi. Quando leggerete Noi, i Sel’knam, lasciatevi sedurre e affascinare come noi: i Selk’nam rimangono un enigma, un mistero, ma anche una cultura viva su cui ancora molto resta da imparare e da scoprire.
RE: In un certo senso, per questo lavoro ci siamo trasformati in compilatori di dati, di esperienze e di desideri di artiste/i, scrittrici/ori e studiose/i, così come li abbiamo visti emergere dai loro diversi approcci ai Selk’nam, ciascuno nel proprio campo. Le persone che abbiamo incontrato portavano avanti un intimo dialogo con questo popolo. A partire da quel dialogo, Carlos e io abbiamo raccolto queste preziose conversazioni, costruendo una struttura narrata per immagini attraverso cui noi stessi abbiamo imparato molto. Nella storia compare una coppia, con cui abbiamo voluto rappresentare tutti i lettori e le lettrici attratti da e interessati a questi popoli meravigliosi, a cui è impossibile restare indifferenti. Chi di noi non è parte integrante di questi popoli australi, come, tra gli altri, i Selk’nam, gli Yámanas, i Kawéskar, li ammira molto. I Selk’nam ci parlano da sotto le stelle del sud e, nel sussurro del vento, possiamo sentire: Noi, i Selk’nam, siamo vivi…