FOLGORATI DALLA RUMBA CUBANA, 40 anni fa.
40 anni esatti dopo l’apoteosi di tamburi cubani, chequeré, clave, guiro, quijada, ritmi, voci, danza e pantomima dei LOS PAPINES alla Sala Bossi del Conservatorio di Musica G.B. Martini di Bologna, il 10 dicembre 2022 MiCaribe celebra virtualmente il 4o° anniversario con un brevissimo film su quell’evento spettacolare che, con una serie di incontri in città e in periferia, rappresentò l’apertura di una finestra autentica sulla musica cubana, in particolare sul fenomeno espressivo della rumba cubana, sulle culture dell’area caraibica e sudamericane.
40° anniversario. FOLGORATI DALLA RUMBA CUBANA
Venerdì 10 dicembre 1982, lo spettacolare concerto del gruppo cubano Los Papines alla Sala Bossi del Conservatorio di Bologna alzò il sipario sull’autenticità e ricchezza della tradizione profana della rumba e della musica popolare cubana. Un evento che in Emilia Romagna, ma anche nel nostro Paese, contribuì a mettere sotto la giusta luce giusta, e in una cornice autorevole, la rumba cubana dichiarata dal’Unesco nel 2016 Patrimonio immateriale dell’Umanità.
Era un venerdì gelido quando ritmi di guaguancó, yambú e columbia (varianti della rumba cubana) intonati con strumenti afrocubani dallo straordinario quartetto Los Papines per la prima volta introdussero con calore i diversi colori della rumba cubana in un’istituzione musicale classica italiana come il Conservatorio di Musica G.B. Martini di Bologna. In quei giorni Bologna era vivacissima e affollatissima anche per presenza in città di migliaia di visitatori del MotorShow, salone fieristico dove, tra l’altro, proponemmo con brevissime esibizioni il gruppo cubano per abbassare i costi del nostro tour solidaristico con tappa anche al cinema comunale di Ozzano dell’Emilia. Venimmo travolti da una risposta di pubblico inaspettata (molti non riuscirono ad entrare in Sala Bossi piena come un uovo fin nei corridoi laterali) trattandosi di una proposta artistica insolita per la città e soprattutto per la sede così atipica e distante da accenti afrocaraibici e dal tamburo di Cuba. Fu invece una prova che c’era il desiderio tra le menti aperte di tantissimi bolognesi di scoprire nuove culture minoritarie e per l’appunto come recitava la locandina “voci e musiche della nuova cultura cubana”.
Per chi organizzava, e in particolare poi per chi scrive, si trattava anche di una sfida-invito ad esplorare assieme le sfaccettature del fenomeno espressivo della rumba cubana, dal lato ritmico-vocale-corporeo oltrechè identitario del popolo cubano, una occasione per svelare una volta per tutte le verità della rumba fino a quel momento occultate da ingannevoli mistificazioni commerciali e semplificative imbastite dalle major discografiche statunitensi di quegli anni, e un esempio per tutti era il celebre Peanuts Vendor, la rumba delle noccioline, un semplice son pregòn che tanti musicisti affermati scambiavano poi erroneamente per rumba. Il cambio di rotta alla Sala Bossi si percepì fin dalle prime note di Esto no lleva batà, brano che inaugurò la carrellata travolgente attorno a un repertorio di dodici brani in grado di sintetizzare la variegata e autentica espressione profana della rumba cubana. Non mancarono integrazioni di ritmi di più facile ballabilità della musica popolare cubana (cha cha cha, guajira) e un paio di escursioni caraibiche afrocubanizzando il calypso trinidadiano Banana Boat e, sempre a cappella, il celebre Oye Como Va di Tito Puente per proseguire con Guantanamera, e ,per accontentare le anime progressiste, l’allora di moda canzone Cuba Que linda cantata da tutti in un’atmosfera incredibile e impensabile tra le pareti classiche del Conservatorio e sulla quale calò il sipario dopo un interminabile bis. Un vero sdoganamento culturale scandito in clave di rumba, clave di son, una rivelazione musicale e percussiva per tanti allora giovani aspiranti percussionisti affascinati dai colori sgargianti di quei tamburi mulatti di Cuba, suonati da callose e sapienti mani sulle pelli di tumbadora, conga, quinto, o ritmando con chequerè sulla magica cajita musical, il set percussivo di Jesus Abreu, il più giovane dei quattro fratelli Abreu che rispondevano ai nomi di Ricardo “Papìn”, Alfredo e Luis. Jesús, l’unico vivente a tutt’oggi, appare ancora in palcoscenico assieme a Yuliet (figlia) e ai nipoti musicisti, gli apostoli di questa tradizione famigliare. Per i curiosi di aneddoti e piccole storie, ricordo che ad arricchire di sorprese e simpatia gli incontri del 1982 con Los Papines fu anche la donazione di una serie di percussioni di matrice afrocubana e brasiliana (bongos a tre pelli, claves, cabasa, chequerè, maracas, guiro, quijada, reco reco, caxixi ecc.) made in Bologna dalle mani di chi scrive. Regali esibiti e suonati poi sul palco della Sala Bossi, palco che probabilmente non aveva mai ospitato oggetti ritmici così strani e curiosi, il tramite per la consacrazione di stima, amicizia e solidarietà (che bella parola e praticata veramente in quegli anni!) tra Bologna, Los Papines e Cuba in generale e non solo sul versante musicale.
versione video ridotta
Oggi, a 40 anni di distanza, diverse testimonianze raccolte nel brevissimo film “Folgorati dalla rumba cubana” ci consentono di poter affermare che quel bastimento incomparabile di ritmi, timbri e colori autoctoni della rumba cubana (qua e là tinteggiati di cha cha e guajira e son) rappresentò la scintilla che contribuì significativamente a mettere radici solide nel territorio emiliano-romagnolo (e di riflesso anche in Italia) per la conoscenza, lo studio, la pratica e la divulgazione dei principali e variegati linguaggi espressivi afrocubani e in parallelo delle culture e tradizioni del più vasto mondo latinoamericano. Ci è sembrato, quindi, doveroso fare un salto indietro nel tempo per ricordare il glorioso gruppo Los Papines che, nonostante le difficoltà incontrate via via con la scomparsa di tre dei loro fondatori, Alfredo, Ricardo e Luis, continua con formazioni diversificate e con l’energia di giovani talenti la tradizione famigliare degli Abreu, fondamentale da sessant’anni a questa parte per la crescita e diffusione della musica e del folklore di Cuba.
(testo e foto di Gian Franco Grilli)