Jazz song & dintorni: parla LUCIA FILACI
Chiacchiere in libertà di Gian Franco Grilli con Lucia Filaci, la brillante cantante e compositrice romana, artefice del meraviglioso album d’esordio come leader intitolato A tu per Tu (WoW records). Del progetto che raccoglie cristalline interpretazioni in bilico tra jazz, accenti latinoamericani e canto lirico ne abbiamo già parlato su questo portale nello scorso mese di novembre . Ora vi proponiamo il testo del botta e risposta.
Incontro con LUCIA FILACI di Gian Franco Grilli
Iniziata al canto da bambina e dopo rigorosi studi accademici e numerose esperienze nel mondo della lirica, e non solo, la trentenne artista romana Lucia Filaci è finalmente andata in studio per registrare come bandleader il suo album d’esordio unendo jazz song, swing era, tinte brasileire/caraibiche e canto lirico. Di questo meraviglioso e sorprendente (per chi scrive) progetto intitolato A tu per Tu (Wow records) ne abbiamo già parlato su questo questo portale. Qui invece vi proponiamo la chiacchierata a ruota libera, scaturita dopo tre o quattro ascolti dell’album, con l’artista romana, una delle più interessanti e swinganti vocalist italiane delle ultime generazioni e talentuosa anche come compositrice. In questo botta e risposta telefonico ci siamo soffermati in particolare su alcuni brani dell’album, e al termine di questo scambio e in aggiunta agli ascolti possiamo sintetizzare che la giovane Lucia con il suo talento artistico non si propone di rottamare né di svecchiare consolidate tradizioni di jazz e di altre musiche raccolte nel cd, ma ne esalta nel miglior modo e rispettoso le più autentiche radici con interpretazioni brillanti, divertenti, con spirito giocoso, originale, al fine di riconferire sprazzi di luce a stili e a figure leggendarie. Dotata di tecnica indiscussa, sentimento, immaginazione, buon senso, sobrietà e con i piedi ben piantati per terra, la cantante romana ha mostrato di sapersi circondare di ottimi e prestigiosi compagni di avventura per questo debutto discografico, come leader, nel jazz e dintorni. Ecco cosa ci ha raccontato.
Cominciamo con una sintetica carta d’identità.
Sono romana nata trent’anni fa da genitori napoletani trasferitisi per lavoro nella capitale, mio padre è un batterista, mia madre è una ballerina classica e ora entrambi continuano a praticare e studiare la loro arte attraverso l’insegnamento.
Parlando del disco A tu per Tu, prendo spunto dal testo divertente e ironico del brano Indecisione blues per chiederle se ha deciso quali scelte fare, lirica, jazz, o la musica a tutto tondo? Oppure è un’inquietudine artistica che la pervade da sempre?
Esatto, è la seconda che ha detto. Infatti più che indecisione tra il jazz e la lirica è l’incertezza che mi rappresenta a livello caratteriale. Soprattutto quando ero più piccola mi ha condizionato in tante scelte ma si trattava di una indecisione che era anche divertente se parliamo di cose un pochino più superficiali rispetto agli indirizzi musicali da percorrere. Ad esempio, indecisione su che tipo di scarpe mettersi la mattina o in che modo fare determinate scelte durante la giornata. Ripeto, l’indecisione ha sempre fatto parte di me e quindi l’ho voluta omaggiare in questo disco assieme ad altri omaggi, cioè al jazz, al canto jazz, all’opera lirica, a Napoli, alle sue tradizioni e alla sua vivacità respirate dai miei genitori.
Il primo approccio con l’arte delle note è stato con il canto, con qualche strumento e quando?
In realtà il primo approccio artistico è avvenuto attraverso la danza poiché mia madre, ballerina, certamente influenzò la scelta di fare danza fin da molto piccola. Diciamo che la mia volontà di cantare si è espressa molto autonomamente, ho iniziato a cantare perché mi piaceva farlo in maniera molto spontanea e mio padre batterista, musicista, mi ha sostenuta perché ha raccolto subito questa mia esigenza. E così a nove anni ho fatto la mia prima audizione per il coro Voci Bianche dell’Accademia di Santa Cecilia. Questa cosa ovviamente è stata molto influente nelle mie scelte perché il Coro di Santa Cecilia si era appena costituito e inoltre il contesto del Parco della Musica era molto ricco, con tanti concerti all’Auditorium e la presenza di numerosi grandi direttori. Così nelle varie produzioni se c’era una parte per coro di voci bianche noi partecipavamo, come pure al Teatro dell’Opera di Roma che ancora non aveva un coro di voci bianche. In questo senso sono stata fortunata perché mi ha dato la possibilità di fare delle esperienze formative che poi ho continuato a ricercare.
In casa sua che musica ascoltava da piccola e nell’età dell’adolescenza?
Diciamo che la mia famiglia è stata molto influente da questo punto di vista: attraverso le passioni di mia madre musica classica, balletto classico e mi ricordo che quando ero piccola c’era sempre la tv accesa con musiche e balletti. Mio padre racconta che quando avevo 4 o 5 anni mi portò all’Accademia di Santa Cecilia a sentire La sagra della Primavera di Stravinskij, quindi già degli ascolti bell’impegnati. Poiché era batterista-percussionista lui ascoltava anche molta musica etnica e quindi sono cresciuta in un ambiente molto ricco e variegato di sonorità. Da più grandicella poi ho cominciato a fare ascolti da sola e subito mi sono innamorata della voce di Ella Fitzgerald, invece tra le cantanti italiane le preferite erano Giorgia e Mina. Questi sono i miei riferimenti da adolescente e pian piano da lì ho ampliato i miei ascolti musicali e affinando ovviamente i miei gusti.
Già, Mina. Influenze che spiccano qua e là ascoltando brani di A Tu per Tu, dove inoltre si apprezza anche uno splendido sincretismo di modalità vocali. Completiamo brevemente il suo percorso di studi e di cui ha già fatto cenno poc’anzi.
Sintetizzando, il mio percorso di studi è iniziato al Conservatorio con biennio e triennio in canto lirico con insegnanti (che ho tutt’ora); ho partecipato a numerosi masterclass e laboratori di perfezionamento di canto lirico facendo esperienze molto belle; ho partecipato all’opera studio di Santa Cecilia, accademie molto importanti all’interno delle quali c’è uno studio del repertorio lirico; poi una fase di passaggio verso la musica contemporanea studiando con Cristina Zavalloni e Alda Caiello, due personalità fondamentali in Italia. Soprattutto volevo incontrare Cristina Zavalloni perché lei rappresenta meravigliosamente le due anime, jazz e lirica, quelle che poi ho sviluppato alla mia maniera nel disco A Tu per Tu.
Due anime che corrono su due binari in parallelo, ma quello jazzistico come l’ha affrontato?
Certo, è bene dire che per il jazz è stato un percorso lungo: il primo incontro l’ho avuto con Maria Pia De Vito, un laboratorio di canto jazz integrato da altri studi approfonditi con Elisabetta Antonini, poi con Susanna Stivali, Joy Garyson e Nicky Nicolai, persone che tra l’altro hanno contribuito alle note di copertina del cd. Comunque anche come compositrice oltre che come cantante non mi sono focalizzata su un unico riferimento ma ho cercato di prendere dalle varie persone e artisti che ho incontrato durante il mio percorso.
Tralasciamo gli standard di grandi maestri del jazz per orientarci su Sembra un samba (bossanova) e Estate sei mia (son cubano) che ci portano nella regione centro sudamericana: è una parentesi o un primo passo per…
…beh, il progetto è tenuto assieme da un filo conduttore che attraversa tutti i brani del disco con il linguaggio jazzistico, dalla ballad al blues; poi swing in stile anni Cinquanta ho voluto ripercorrere quelli che erano e sono gli stilemi del jazz e poi stagioni d’oro dei ritmi delle Americhe che hanno affinità con il jazz, e mi riferisco a quelli del mondo afro-latin. Quindi ho voluto cimentarmi con il linguaggio brasiliano e cubano, che apparentemente sembrerebbero essere mondi molto vicini, ma a livello musicale hanno delle specificità che vanno rispettate e quindi per questo ho coinvolto alcuni musicisti autorevoli, ad esempio sul tema cubano, Fabrizio Aiello e Juan Carlos Albelo.
Come è riuscita a connettersi con il mondo musicale cubano?
Fabrizio Aiello, percussionista, oltre che un caro amico è il marito di Joy Garrison, poi la connessione è avvenuta attraverso il mondo jazzistico romano che frequenta il ristorante di Stefano Di Battista (anche lui splendido ospite nel disco) dove si organizzano delle jam. Il locale si chiama Ristorante da Peppe a Tor Cervara e negli incontri del venerdì c’è anche una serata di musica cubana con incontri organizzati da Aiello; così in quel contesto ho potuto ascoltare musicisti cubani o italiani che suonano quegli stili ballabilissimi. Infatti della partita fa parte il cubano Juan Carlos Albelo, grande virtuoso del violino.
Su questo versante latin è sempre utile fare alcune brevi considerazioni e confronti: mentre le sonorità brasiliane sono molto indagate e interpretate da numerosi musicisti e cantanti/e italiani gli stili della musica popolare cubana (ad esempio, son montuno o cha cha cha del disco) sono poco frequentati in Italia, e soprattutto sul piano vocale per varie ragioni estetiche, strutturali eccetera. Approfittiamo comunque per dire che uno stile cubano con qualche similitudine (ma antecedente) alla bossanova è il bolero jazzificato, conosciuto come feeling o fìlin e di cui, per la cronaca ai più giovani, va ricordato che la nostra Mina ne interpretò negli anni del suo splendore un paio di brani firmati da Cesar Portillo de la Luz. Inoltre credo, e mi permetta questo consiglio, che questa dimensione intimistica del bolero latinoamericano, dove Cuba eccelle, potrebbe essere una bella occasione per lei di cimentarsi con il repertorio della novantenne Omara Portuondo, la novia del feeling e anche diva del fenomeno Buena Vista. A memoria mi viene in mente un album di una dozzina di anni fa di Omara con il pianista jazz Chucho Valdés ospitando anche la tromba di Wynton Marsalis nel celebre Esta tarde vì llover del messicano Manzanero. Insomma un gioiellino che merita. Mi scusi per questo sconfinamento.
Anzi, direi che si impara sempre qualcosa di nuovo. Vero, il cubano e/o,caraibico è un genere molto più tradizionale, mentre la bossanova si è lasciata molto contaminare da una serie di strutture e regole più simili al linguaggio jazzistico. Come se la bossanova aggiungesse un ritmo diverso a una mentalità jazz. Invece quello che mi piace dell’aspetto della musica cubana è la sua purezza nel mantenere un po’ timbri e linguaggi di una volta e nell’ usarlo con gli stessi canoni. Interessante anche il fatto di avere questi cori incalzanti che ripetono il canto molto simile nel jazz. Tuttavia sembra che tanti jazzisti spesso non riescano a trovare in quelle strutture una connessione con la sintassi jazzistica.
Suonare en clave non è da tutti e comunque bisogna esercitarsi. Ma apriremmo altra pagina e non è il caso. Invece mi dica un paio di artisti sudamericani famosi che l’hanno attratta?
Direi artisti del Brasile, e mi fa piacere citare la straordinaria cantante Gal Costa, scomparsa recentemente, che per me era un riferimento, grande vocalist, straordinario uso della voce, dei testi, un genio dell’interpretazione di questo genere. A livello strumentale sono molto affezionata alla combinazione jazz-bossa dello statunitense Stan Getz con il suo sassofono, poi ovviamente Tom Jobim, Joao Gilberto.
Tornando a Cuba, si fa per dire, il suo Estate sei mia ha una vocalità che si ispira lontanamente a Gloria Estéfan di quell’onda salsera di moda a cavallo anni Novanta/Duemila sulla scia di successi mondiali della regina Celia Cruz.
Io ho fatto un minimo di sforzo per riportare solo un po’ di quel patrimonio vocale che hanno lasciato quelle grandi cantanti citate e di quelle musiche che mi affascinano per l’allegria che trasmettono.
Per concludere: nel tour di presentazione dell’album potrà contare anche sulla gloriosa sezione ritmica intervenuta nel disco o si avvarrà di musicisti supplenti?
In realtà Andrea Beneventano (piano) e Dario Rosciglione (contrabbasso) spero che mi possano accompagnare sempre anche se hanno numerosi impegni con altri; Gegé Munari (batterista) è una forza della natura nonostante la sua veneranda età, è un vulcano e felice di accogliere le mie richieste, ma ovviamente tutto dipenderà dai suoi impegni e dalle distanze delle trasferte. In ogni caso sapremo imbastire un gruppo di ottimo livello, e colgo l’occasione per citare anche gli altri grandi artisti non citati finora ma che hanno contribuito alla realizzazione del disco: Vittorio Cuculo (sax), Emanuele Urso (clarinetto), Monica Tenev (flauto) e Tommaso Romeo (voce).
Quindi a questo punto non ci resta che farle i migliori auguri per l’album e con numerose presentazioni-concerto e di ringraziarla per questa chiacchierata sul disco che ci ha dato l’occasione di rispolverare alcune pagine musicali di ieri. Grazie.
Sono io che debbo davvero ringraziarla dell’attenzione e dell’opportunità di divulgare il nostro progetto.
Gian Franco Grilli