Libri Novità: CIECO di Massimo Fini
Alla soglia degli 80 anni il brillante giornalista e scrittore anticonformista Massimo Fini pubblica per i tipi di Marsilio il toccante, malinconico, tragico e allo stesso tempo divertente e lucido memoir intitolato CIECO. Che è la storia di un uomo che perde lentamente e inesorabilmente la vista, e quella è la storia vera che Fini sta accettando dolorosamente sulla propria pelle. Poco più di un’ottanta pagine suddivise in sette racconti che si leggono d’un fiato e talmente piacevoli da indurti a rileggerli.
Di questo polemista brillante, approdato negli ultimi anni a Il Fatto Quotidiano si conosceva abbastanza della sua figura raccontata in numerosi libri e dello stesso editore Marsilio. Con questo breve memoir, scritto a 78 anni, aggiunge a quanto già si sapeva altri dettagli sconosciuti di gioventù, professionali e sentimentali mentre svela con parole grondanti di tragicità il lato più crudele della sua vita. Perdere la vista non è solo approssimarsi al buio, ma perdere i gesti, e insieme ai gesti perdere anche certi sentimenti. In questa frase è riassunto Cieco, il vissuto doloroso (ma intrecciato a momenti allegri) e l’impotenza dell’Autore di fronte a un cambiamento invalidante e permanente. Una condizione quasi impossibile da raccontare e da accettare per le sue gravi conseguenze, e soprattutto per chi ha vissuto veramente dei successi professionali e con dinamismo. Racconto che si legge d’un fiato, e non è l’abusato modo di dire, ma per mole contenuta e per il corpo carattere del testo ne conferisce grande, facile e rapida lettura. Protagonista reale è Massimo Fini, nato nel 1943, padre toscano e madre russa, noto giornalista di spirito anarchico, che in quest’ottantina di pagine (come dire una per ogni anno di vita) si racconta senza reticenze: “Sono ormai trent’anni, quasi un terzo della mia vita, che mi porto sulla spalla questa scimmia. Credo che nessuno, nemmeno tra le persone che mi sono più vicine, abbia mai potuto capire, legittimamente, la mia sofferenza”. Cieco è un viaggio nel dolore, scoprendo passo passo il glaucoma e al contempo un diario di immagini spensierate. Fini parla di quando, ragazzo, trascorreva le vacanze in Liguria, in Corsica e non solo, la sua avversione agli occhiali perchè i “quattrocchi” godevano di pessima stampa nel mondo dei ragazzini, le sue conquiste e qualche delusione amorosa, ferite che non si sarebbero rimarginate.
Rievoca l’indimenticabile estate del 1960. Dal bagaglio dei ricordi riemergono amori e canzoni al juke-box: Diana di Paul Anka, Come prima di Tony Dallara e l’hit mondiale Only You dei Platters. Racconta delle sue passioni: le automobili, i libri, le donne. E delle cose che oggi non può più fare: guidare, leggere. L’auto lo attraeva ‘per il senso di libertà che ti dà‘. Amava stare al volante: “Guidare mi piaceva moltissimo e più le strade, soprattutto provinciali, erano piene di curve e di trabocchetti e più mi divertivo”. E di libri un tempo ne leggeva cento all’anno, un bibliofilo che ne possiede oltre diecimila: “Una biblioteca più fornita della mia l’ho vista solo in casa di Giovanni Spadolini, Enrico Falqui e del mio editore Cesare de Michelis….adesso mi arrangio con Audible, ma non è la stessa cosa di leggere”.
“Io – continua Fini – che avevo fatto dell’indipendenza la cifra della mia vita, personale e anche professionale, oggi dipendo da tutti”. In Cieco non mancano descrizioni poetiche, come quelle che conducono il lettore sulla spiaggia del Cannone, a Talamone: “Dopo il bagno mi siedo sulla roccia ancora calda e fumo una sigaretta, guardando il mare, le rocce che si son fatte scure, quasi cupe, primordiali, e il cielo che trascolora dal giallo chiaro sulle colline lontane, dove batte l’ultimo sole, al verde pallido all’azzurro al blu al viola sopra di me”. Un finale poi con il groppo in gola. (gfg)