CILE. “Bestiario del Popolo della Terra…” di Marcelo Escobar
Bestiario del Popolo della Terra e dell’arcipelago di Chiloé, un prezioso volume cartonato dedicato alle leggende dei popoli del Sud del Cile con 160 pagine, più di 70 illustrazioni, oltre 60 tra miti e figure leggendarie,2 mappe da appendere e 1 citazione segreta nascosta tra le sue pagine…
Riprendiamo da El Gran Malon, la newsletter di Edicola Edizioni a cura di Mattia Mogetti, che ringraziamo
IN VIAGGIO VERSO L’ISOLA. Intervista a Marcelo Escobar
Come ti sei avvicinato per la prima volta alle cosmovisioni del mondo mapuche e di Chiloé e cosa ti ha affascinato?
Il mio primo approccio alla mitologia di Chiloé è avvenuto grazie a un classico: Geografia dei miti e delle leggende del Cile, del grande studioso di folklore cileno Don Oreste Plath. Lo lessi da bambino e le sue straordinarie immagini rimasero impresse per sempre nella mia memoria. Il trauco e la fiura, il possente cavallo marino e la pincoya che balla nuda davanti al mare, furono i miei compagni in tante notti d’inverno passate accanto al fuoco con i miei nonni. Da allora, la mia fascinazione per quella lontana isola del Sud del Cile non ha fatto che crescere, fino a diventare un’ossessione: sono partito per la prima volta verso la grande isola spinto proprio da quel libro della mia infanzia.
Con gli anni, questo piccolo mondo è cresciuto in punta di libro, con la graduale scoperta della mescolanza culturale del Cile meridionale, dove si incrociano e si fondono le culture mapuche, huilliche e spagnola, insieme ad alcuni elementi europei, soprattutto olandesi. È così interessante esplorare questa contaminazione culturale: l’indubbia influenza della cultura mapuche, con la sua visione del mondo, la sua spiritualità così strettamente legata alla terra e che oggi potremmo definire ecologica, è un fattore determinante nella costruzione dell’identità di Chiloé, che prende questi elementi e li arricchisce per trasformare le foreste australi in una regione leggendaria.
Cosa ci può dire, secondo te, l’immaginario di questi popoli rispetto alla loro visione del mondo, ai loro valori e al loro sistema di conoscenze? Insomma, alla razionalità che si esprime, si comunica e si dispiega attraverso l’immaginazione (che poi possiamo dire due facce della stessa medaglia)? E come viene trasmessa questa memoria?
Penso che gli aspetti che con più forza sopravvivono tra i mapuche siano il profondo amore per la terra, il contatto vitale con la natura, la comunione tra il Wallmapu [NdT: il territorio del popolo mapuche] e i suoi abitanti: qualcosa da cui dovremmo prendere esempio.
I mapuche hanno trasmesso di generazione in generazione la loro spiritualità, la loro religione e le loro credenze attraverso un’oralità che sfocia nella poesia e che si lega saldamente all’ambiente, al paesaggio, in un rapporto con il territorio basato sul rispetto della natura, a cui il “popolo della terra” conferisce aspetti divini. Ne è un esempio il momento di passaggio della morte: in una cerimonia sacra molto complessa, con la morte dell’individuo inizia una serie di prove nel corso delle quali i parenti del defunto fanno di tutto perché l’anima, l’Am, riesca a completare il suo viaggio e a unirsi alle forze benevole che abitano il Wenu mapu [NdT: terra di sopra].
Abbiamo poi i poeti, custodi del mito, ambasciatori di questa sensibilità e della sua bellezza. Si pensi al discorso di Pablo Neruda in occasione del conferimento del Premio Nobel, in cui ha evocato un mondo che ricordava come un territorio magico, tra gigantesche piante di nalca e foreste sempre umide. Il più recente atto d’amore per questa sensibilità ancestrale, invece, l’ho letto nelle memorie del poeta mapuche Elicura Chihuailaf, che descrive un mondo verginale di foreste lussureggianti, ricche di vita e biodiversità. Fa male pensare che ricordi così recenti descrivano un paradiso che esisteva appena 50 anni fa e che la modernità ha sostituito con vaste pinete che si perdono all’orizzonte.
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Puoi darci un assaggio di questo universo, raccontando una delle storie che più ti hanno colpito?
Tra le leggende di Chiloé, c’è una storia che ha catturato la mia attenzione negli ultimi 20 anni, quella di una società segreta che avrebbe controllato l’isola per secoli: la “recta provincia”, o “mayoría”, sarebbe sorta nel XVII secolo e avrebbe continuato a esercitare la sua oscura influenza sull’isola per almeno 200 anni, fino al 1880. Come avrebbe fatto a sopravvivere così a lungo, questa strana società con regole e gerarchie precise, con un’organizzazione che rifletteva come uno specchio la realtà, con re e subalterni, province e governatorati che riproducevano i possedimenti della corona spagnola e delle sue colonie, amministrando la legge e imponendo i suoi codici agli abitanti dell’isola? È solo una leggenda? O una realtà il cui nome risveglia antiche paure? Certo, non direi di credere alle streghe, ma se proprio insistete… |
La storia del Bestiario del Popolo della Terra inizia nel 1889, quando, a soli 20 anni, Otto Grosz sbarca nel porto di Valparaíso come parte di una delegazione di soldati tedeschi. Ferito in battaglia, viene salvato da un gruppo di lavandaie, tra cui una donna di nome Lihuén. Lihuén appartiene ai mapuche, coraggioso e tenace popolo originario del sud del Cile, il cui nome deriva da mapu, terra, e che, gente, ovvero popolo della terra. Grazie a Lihuén, Grosz entra in contatto con una cultura antica, il cui stretto rapporto con la natura e le sue forze ha generato nei secoli affascinanti miti e sorprendenti leggende, che il soldato tedesco descriverà minuziosamente nei suoi appunti. Molti anni dopo, il taccuino di Grosz si trova a Parigi, su una bancarella del marché aux puces di Saint-Ouen. Un amico dell’illustratore cileno Marcelo Escobar lo comprerà e gliene farà dono, facendo sì che quegli appunti che custodiscono storie di streghe, mostri, spiriti benevoli e animali prodigiosi tornino a prendere vita in queste pagine finemente illustrate.