Argentina. Tango jazz con cueca: il “Santuario” di Javier Girotto & Vince Abbracciante

Sabato 5 aprile 2025 è andato in scena un’altro stupendo concerto di Crossroads sul palcoscenico accogliente del Teatro Comunale di Dozza (Bologna) per presentare il progetto “Santuario” del sassofonista argentino-italiano JAVIER GIROTTO e del fisarmonicista pugliese VINCE ABBRACCIANTE, duo che avevamo già apprezzato a Cassero Jazz 2023.
Sabato 5 aprile 2025 è andato in scena un’altro stupendo concerto di Crossroads sul palcoscenico accogliente del Teatro Comunale di Dozza (Bologna) per presentare il progetto “Santuario” del sassofonista argentino-italiano JAVIER GIROTTO e del fisarmonicista pugliese VINCE ABBRACCIANTE, duo cbe avevamo già apprezzato a Cassero Jazz 2023. Si tratta di un incontro tra due generazioni di strumentisti eccellenti per un serratissimo percorso musicale trasversale ai generi in cui tango, folklore andino, panamericano e mediterraneo jazzificati sono i porti di imbarco e di arrivo. Dall’area rioplatense e dintorni, dalla Cordoba del geniale Girotto con escursioni nelle Ande e area mesopotamica argentina fino alla pugliese Ostuni dove il maestoso Abbracciante imposta le sue composizioni. La carrellata di brani raccolti nel cd “Santuario” si conferma un travolgente viaggio co-diretto dal vulcanico sopranista, baritonista e flautista argentino Javier Girotto (1965) e dal fisarmonicista pugliese Vince Abbracciante (1983) tra musica scritta e improvvisazioni infuocate, incorpora agli stili dominanti citati, tinte bachiane, il tutto per dare corpo sonoro alle storie che i due musicisti-compositori hanno maturato durante la pandemia del Covid. Insomma un magico connubio di strumenti (sax soprano, flauti andini, ‘quena‘, e fisarmonica) e di creatività imbastendo originali dialoghi musicali passionali e intimisti elaborati prevalentemente in chiave jazzistico-tanguera, una dimensione già indagata e consacrata a suo tempo da Astor Piazzolla e Gerry Mulligan (per citare i nomi più famosi). In questa splendida cornice “sudista”, l’ispiratissimo binomio Girotto-Abbracciante, dall’intesa pazzesca, fa risaltare esperienze, passioni ed elementi comuni condivisi come il ricongiungimento o il reincontro di tradizioni, culture e radici rielaborate attraverso i codici del jazz, stella polare per entrambi. Per il cordobese Javier Girotto – i cui nonni pugliesi emigrarono nell’area rioplatense all’inizio del secolo scorso- dialogare con l’ostunese Vince Abbracciante è una volver, ritornare, alle radici primarie.
In novanta minuti i due talentuosi musicisti hanno sfoderato un viaggio sonoro intervallato da brevissime narrazioni paesaggistico-culturali di enorme intensità emotiva, passione, sentimento, vitalità, con colori e timbri musicali unici, più estrose improvvisazioni, unisoni e sovrapposizioni strumentali perfetti. Percorso che ha preso il volo con l’affascinante cueca di Aramboty, un melodioso omaggio alla cultura guaranì, alla biodiversità della Mesopotamia argentina, alle terre che abbracciano le sudamericane cascate di Iguazú; poi via via sono sfilate altre composizioni del citato album “Santuario” (Dodicilune) tra cui la dolcissima ninna nanna Ninar interpretata con le flautate note andine della quena, l’affettivo e spirituale Santuario degli animali (nato da una folgorazione di Girotto vedendo dei filmati in un programma del giornalista di Rai Tre Domenico Iannacone), brano cerniera che ha ispirato il titolo del progetto, che sa molto , ma non solo, di folk rioplatense, andino,panamericano jazzificati, intrecciando inquietudine, malinconia e allegria.
Se il sessantenne Girotto si conferma in assoluto una delle ance più originali in circolazione in Europa, riconoscibile tra mille per il timbro personale identitario e, forse, l’unico musicista che primeggia autenticamente dalle nostre parti con i tipici flauti andini, il quarantaduenne Abbracciante (cresciuto tra trulli e pizzica salentina), dalla tecnica impressionante, è sempre più sorprendente, per chi scrive, vederlo combinare sapientemente e allegramente diversissime sonorità di musica popolare con l’improvvisazione jazz. Che aggiungere ancora sulle qualità di questo binomio di indiscusso valore ascoltato a Dozza: la colossale elaborazione, ripeto, improvvisativa, la rara capacità di disegnare architetture musicali parallele unite a una ricercatezza armonica e a una dirompente carica espressiva e ritmica singolari. E il tutto sempre in perfetto equilibrio. Magia pura. (Gian Franco Grilli)